C’è colpevole e colpevole (pillole di giustizia)
Sarà che devo già farlo di professione, ma parlare di questioni giuridiche assunte alla cronaca popolare mi causa un ribrezzo ed un fastidio sempre maggiore. Soprattutto, mi pare di perdere tempo a cercare di portare un’opinione relativamente “esperta” (e, di conseguenza, costosa in termini di tempo ed energie) in un paese nel quale si vocifera molto e si ascolta poco.
Figurarsi leggere le opinioni altrui!
Ad ogni modo, in un’ottica di minimo sforzo, mi permetto solo una brevissima riflessione sul caso Scattone. Una riflessione “comparativa”.
Giovanni Scattone è stato condannato nel 2003 per omicidio colposo aggravato dalla c.d. “colpa cosciente” ad una pena di 5 anni di reclusione.
Per i profani, basti ricordare che l’omicidio colposo consiste nell’uccidere senza avere l’intenzione di uccidere ed è punito con una pena ….
A termini di paragone vorrei prendere l’altrettanto -o forse ancor più- celebre Fabrizio Corona, condannato in via definitiva ad oltre 15 anni di reclusione per i reati, fra l’altro, di estorsione, corruzione, bancarotta e frode fiscale (un insieme di procedimenti tanto lungo che il relativo “elenco riassuntivo” su wikipedia non è mai stato completato!).
Tutti dolosi, ovvero intenzionali.
Per chiarire: Scattone non voleva uccidere; Corona voleva estorcere, voleva corrompere, voleva frodare il fisco (etc. etc. etc.).
Seppure è vero che il reato di omicidio è indubbiamente grave, non si può certo ritenere che gli altri (estorsione!) siano da meno; né si può fare a meno di considerare che a livello psicologico (e di necessità di rieducazione) passa un abisso fra chi vuole fare qualcosa che sa essere sbagliato e chi non vuole, ma lo commette per errore (imprudenza, imperizia, negligenza).
Oggi, al primo si chiede di non insegnare, mentre -a quanto mi risulta- nessuno ha alcunché da ridire sui tour che il secondo sta svolgendo in tutta Italia per raccontare la propria esperienza. Racconto che, inevitabilmente, avrà anche un effetto didattico/educativo. Anzi, al secondo è riservata un’accoglienza pubblica di tutto rispetto, fra vips e fans.
Nei confronti del primo si è sollevata una querelle (legittima o meno, giusta o meno: lascio ad altri giudicare); mentre nulla si sente a riguardo del secondo.
Peraltro, mi risulta che Corona non sia uscito perché ha scontato la pena comminatagli… Anzi, aggiungerei: il primo mostra almeno alcuni segni di pentimento e ravvedimento, il secondo nessuno.
Forse la mia è un’idea sbagliata, ma credo che il ravvedimento per chi ha commesso un crimine passi anche in un comportamento improntato all’understatement.
Avrei qualche giudizio più marcato da esprimere, ma li terrò per me. Spero comunque che tutti perdano un paio di secondi a riflettere, non tanto sulla condizione della giustizia in Italia, quanto sul rapporto degli italiani con la giustizia.
Lungi da me, dunque, decretare se questo o quello dei nostri infelici protagonisti meriti il trattamento riservatogli dalla pubblica opinione (anche se un’idea l’avrei), ma auspicherei per lo meno che si potesse avere un pò di coerenza ed applicare il medesimo metro di misura.
rimane la considerazione (come scrivevo ieri): certe levate di scudi sono motivate dalla percezione della “giustizia sulla misura della pena” che la collettività ha. ecco, probabilmente andrebbe ripensato questo aspetto.
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Comincio a credere, dopo qualche anno di esperienza sul campo, che questo sia un aspetto non modificabile…
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Non mi permetto di entrare in una discussione “tecnica” che non sarei in grado di affrontare.
Il punto – temo – sia un altro. La percezione diffusa e – se vuoi – poco informata è la consistente sproporzione tra il delitto e la pena. O meglio delitto eventuale.
Se non di fronte all’altissimo – infatti – non sappiamo, con certezza, la Verità su quel triste giorno.
Abbiamo una “verità processuale”, che ci siamo fatti andar bene ma che era – diciamocelo – un pò pilatesca. Probabilmente non c’era soluzione e quello è stato il male minore tra ammettere di non avere prove sufficienti contro il colpevole di un omicidio e il rischio di comminare una pena troppo severa ad un innocente.
Il fatto – tragico – però rimane lì. E capisco lo sconcerto degli uni e degli altri.
Cul de sac. Anch’io non so che dire.
Penso che lo stesso Scattone oggi – forse – accetterebbe di aver passato qualche anno in più di galera pur di non doversi acconciare a questo eterno purgatorio.
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Non entro nel merito di quel che avrebbe fatto Scattone, non mi è possibile, né mi pare opportuno.
Quanto la proporzione fra delitto e pena, io all’epoca avevo circa 10 anni e certo -per quanto leggessi i giornali quotidianamente- non prestai tanta attenzione alla cronaca.
Ad ogni modo, come ben scritto altrove, le sentenze o si appellano o si eseguono.
Quella sentenza è arrivata sino in Cassazione e lì è stata confermata, quindi sono davvero poco propenso a sottoscrivere ragionamenti come “non c’era soluzione e quello è stato il male minore tra ammettere di non avere prove sufficienti contro il colpevole di un omicidio e il rischio di comminare una pena troppo severa ad un innocente”, affermazione peraltro abbastanza agghiacciante in un sistema giudiziario moderno e civile.
Ricordo, incidentalmente, che se il giudice non raggiunge una prova c.d. “oltre il ragionevole dubbio” deve assolvere.
Un innocente non si manda mai in carcere (mai!) per “il male minore” (in proposito, ti consiglio di vedere il film “Vincitori e vinti”, sino alla sua magnifica conclusione).
Niente “pilatismi”, dunque.
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Sono perfettamente d’accordo. Il Giudice deve sempre agire in piena coscienza.
E sarà avvenuto così anche questa volta. E hai ragione ancora tu, anche la pena sarà stata quella più idonea a punire il crimine commesso, codice alla mano. Non sono uso a commentare le sentenze, anche se posso aver dato quest’idea.
E’ che – alla fine – anche avendo ammesso tutto quello che dici torniamo come nel gioco dell’oca al punto di partenza: comunque alla sensibilità non raffinata dei non legulei, ad UN padre – non quello di Marta Russo, va da sé – la sentenza appare poco comprensibile.
E questo si porta dietro uno strascico infinito di commenti.
Il parallelo lo farei più con Schettino, chiamato come relatore ad un convegno della Sapienza; illegale? no, figuriamoci, c’è la presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva, o no? Diciamo inopportuno? E perché inopportuno? Se rispondiamo a questo, probabilmente non siamo distanti da dare una risposta anche al caso di Scattone.
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Questo ci potrebbe portare all’interessante tema della partecipazione delle vittime nei procedimenti penali, una tendenza importante che si sta aprendo ma non è ancora compiuta e, parallelamente, all’esigenza di spiegar loro cosa potrà accadere a processo.
Ciò non toglie che gli argomenti di dolore delle vittime e loro parenti, per quanto meritevoli d’essere ascoltati, non possano divenire il cardine di una decisione processuale. Né, tantomeno, di una decisione post-processuale.
Il paragone con Schettino è forse più corretto, ma a mio avviso soffre di un vizio: Schettino non ha ancora scontato alcuna pena, insomma ha ancora tutti “i conti aperti” con la giustizia. Scattone no.
Aggiungerei inoltre che, se ben ricordo, Schettino era stato chiamato ad una conferenza pubblica (leggasi: evento mediatico) su un tema che strideva palesemente con il suo vissuto.
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Io confrontavo la levata di scudi su Scattone col relativo silenzio che avvolge il fatto che gli assassini di Federico Aldovrandi (perché, se è verità la verità processuale, allora quei signori sono assassini quanto Scattone) continuino a portare la divisa. Ma anche il tuo mi pare un ottimo espempio.
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Semplicemente, credo che il paragone coi misfatti di alcuni appartenenti alle forze dell’ordine richieda tutta una serie di ulteriori precisazioni che il pubblico non ha voglia/ non è in grado di fare.
Questo era più immediato…
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Si, era più semplice. Su Cucchi quel che avevo da dire già lo dissi alla sentenza.
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Pingback: ancora sul caso Scattone – 434. | Cor-pus
Scusa la semplificazione, ma l’Italia ha molti milioni di Commissari Tecnici che al bisogno diventano giudici, politologi, filosofi e quant’altro richiesto dal momento. Mi pare che ‘povna abbia detto da qualche parte che le opinioni se le tiene per sé. Ecco, se quei milioni di CT si limitassero a esternare le opinioni sulla nazionale di calcio, questo sarebbe un paese migliore.
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Indubbiamente.
Ma come già Ortega y Gasset scriveva, la massa ha preso la convinzione di essere quanto di meglio esista, e dunque di ergersi a modello e giudice di ogni vicenda umana….
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