Il treno per il Darjeeling: l’importanza di “fermarsi”

Ad una prima e poco approfondita visione le pellicole di Wes Anderson possono apparire fredde, eccessivamente “studiate” (per via di una messa in scena estremamente rigorosa, di movimenti di macchina sempre lineari e “geometrici”, dell’abbondanza di personaggi e situazioni surreali).  Eppure se si guarda davvero dentro ai suoi film, non si può non notarne il grande cuore. Il treno per il Darjeeling non fa eccezione: questa picaresca commedia dell’assurdo ci parla di legami umani, di sentimenti, dell’importanza di comunicare e di manifestare le proprie emozioni.

I tre fratelli Whitman, protagonisti della pellicola, intraprendono un cammino spirituale sui generis in India perchè vogliono (forse inconsciamente) ristabilire tra loro un legame che si è perso negli anni a causa delle tante, troppe parole non dette: e questo perchè il mondo e la società in cui viviamo ci costringono, con il loro ritmo forsennato, a non fermarci mai, e a non manifestare i sentimenti e le emozioni che proviamo, sia quelle di gioia che quelle di dolore; e ciò genera rancori, incompresioni. In questo senso è bellissima la scena in cui i tre protagonisti, dopo aver ritrovato la madre, interpretata da  Anjelica Huston (presenza fissa nei film di Anderson) riescono a riconciliarsi con lei solo quando decidono di mettere da parte le parole, e di comunicare unicamente con le sensazioni, con le emozioni.

Il treno per il Darjeeling è una pellicola che ci invita a ragionare e a parlare con il cuore, che ci invita a non avere paura della gioia e delle emozioni che da essa derivano (come invece fanno i tre fratelli Whitman: Peter, che è terrorizzato dall’imminente paternità; Jack, che ha il timore di restare per sempre legato al ricordo della sua ex-compagna; Francis, che crede che non riuscirà mai a riconciliarsi con i fratelli); ma che soprattutto ci ricorda che per vivere insieme agli altri bisogna mettere da parte i ricordi e i rancori del passato, come fanno i tre protagonisti quando abbandonano le valigie appartenute al padre defunto, nella bellissima e poetica sequenza finale del film.

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