The oil challenger
Un commento/riflessione al volo sulla questione dell’olio d’oliva proveniente dalla Tunisia e delle potreste italiane contro la decisione dell’Unione Europea di revocare i dazi sull’importazione.
Ricordate l’affermazione “l’Italia deve aggrapparsi all’Europa per non scivolare in Africa“?, mi pare fosse di De Gasperi, ebbene a mio giudizio le reazioni dei produttori nostrani dimostrano ancora una volta l’atteggiamento errato che noi italiani continuiamo ad avere nei confronti dell’Europa e -di conseguenza- degli altri Stati europei e del nostro stesso paese.
A mio avviso, noi italiani continuiamo ad attenderci un comportamento paternalistico e protettito dello Stato, specie nei settori nei quali ve ne sarebbe meno bisogno.
Non vogliamo l’abolizione dei dazi sull’olio d’oliva tunisino, perché vogliamo preservarci il nostro mercato. E, contestualmente, pensiamo: ma l’Europa mica abolisce i tassi sui prodotti che riguardano Germania o Francia!
A parte che questa idea sarebbe tutta da verificare, il problema di fondo di questo ragionamento è che noi pensiamo di dover competere coi tunisini.
Coi tunisini, invece che coi tedeschi!
Insomma, continuiamo a pensare al ribasso, a farci lentamente scivolare in Africa, anziché guardare in alto e puntare all’Europa. Eppure di valide ragioni di competizione anche coi tedeschi (etc. etc.) ne avremmo…
Ma se fossi io produttore di olio sarei quasi contento che si tolgano i dazi su quello tunisino, perché mi costringerebbe a differenziarmi al meglio da questo: per sopravvivere l’olio italiano deve battere in qualià quello tunisino!
Si dirà: ma questo compromette i consumatori! A parte che l’UE ha regole sulla protezione dei consumatori assai stringenti, credo questo modo di pensare rifletta esattamente quel paternalismo: lo Stato deve “proteggere” i consumatori, tagliando fuori alcuni produttori. E, così facendo, protegge soprattutto i produttori nostrani, in una specie di colbertismo contemporaneo.
Ma chi avrebbe detto, venti o trenta anni fa, che l’olio italiano avrebbe raggiunto la qualità attuale? Pochi, suppongo: v’è arrivato perché ha accettato un percorso di miglioramento della qualità, percorso che tuttora lo può differenziare da quello tunisino (che potrebbe fare lo stesso, a beneficio dei consumatori).
Quindi, la risposta dovrebbe essere spiegare ed insegnare ai consumatori la qualità. Ma questo non lo può fare lo Stato…. (almeno, non da solo).
La sfida per l’Italia dev’essere una sfida di sistema, altrimenti non ha senso.
Tra parentesi, cosa di cui ho sentito poco parlare, la misura è stata decisa in sostegno all`economia tunisina per tutta una serie di ragioni geopolitiche di stringente attualità.
Insomma, in parole povere dovrebbe far contenti il partito de “Aiutiamoli a casa loro”, perché è ciò che si sta facendo tra l`altro con una percentuale che sulla produzione italiana pesa pochissimo.
Solo che se i cooperanti muoiono o vengono rapiti in questi Paesi, non va bene perché che cavolo ci vanno a fare lì invece di aiutare in Italia dove c`è bisogno.
Gli aiuti all`economia come questi scopro che neanche vanno bene.
Non ho ben capito in che modo andrebbero aiutati, quindi.
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in realtà si parla sempre di proteggere il made in Italy quando poi sono gli stessi imprenditori italiani che spostano le loro produzioni in paesi in via di sviluppo e non mi soprenderebbe se la maggior parte di questo olio tunisino fosse gestito da imprenditori nostrani. che poi la libera circolazione delle merci va bene quando noi andiamo negli altri paesi mentre ci lamentiamo quando gli altri vengono da noi. “Aiutiamoli a casa loro” è solo un modo gentile per dire: “che si fottano”. (mi scuso per il linguaggio).
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Non avrei saputo tradurlo meglio.
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Giusto. Non a caso Pittella ha sottolineato come misure simili, volte a favorire l’economia locale, sono un valido strumento contro tutti quei movimenti che tendono a sovvertire la stabilità socio-politica e creano serie minacce anche per l’Europa.
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la questione attiene, come sempre, i soldi. Il costo di un litro di olio extravergine italiano è certamente più alto di un litro di olio tunisino. Per tante ragioni non ultimo il costo del lavoro. Ora si può obiettare o meno su leggi protezionistiche, ma quando si toccano le tasche dei produttori, che già in Italia mi sembra non stiano navigando nell’oro, la questione diventa vitale. Chiaramente per i produttori, in via principale, ma anche in generale per l’economia italiana. Per questo paesi come la Francia e la Germania tendono ad essere più protezionisti. Non contro qualcuno o per salvaguardare la purezza dei prodotti. Per questione di economia.
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Grazie del commento, ovviamente io non mi intedo della materia, ma questo articolo mi pare chiarifichi abbastanza la situazione e spieghi come varie obbiezioni non abbiano fondamento: http://www.lettera43.it/economia/industria/olio-tunisino-perche-l-italia-non-puo-farne-a-meno_43675237759.htm
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