2040

Mio nonno oggi mi ha portato fino alla grande valle. Ci siamo seduti su una roccia, e lui mi ha detto che lì prima c’era come una grande palude, ma immensa e di acqua bianca, come quella che esce dai distillatori. Lo chiamavano mare, e dice che sotto i mari vivevano migliaia di creature mute, che sapevano respirare l’acqua. Mi ha spiegato che quando era ragazzo, si usava girare sui mari con dei mezzi appositi che sembravano volare, ma che invece navigavano. D’estate la gente si recava vicino le spiagge, per farsi scaldare dai raggi del sole che mi ha raccontato allora non bruciava come oggi, e che le persone potevano uscire di casa anche prima del tramonto. Mi ha raccontato come era bello bagnarsi con l’acqua salata per poi asciugarsi con l’aria calda. Dopo ci siamo sdraiati sui sassi, e abbiamo iniziato a guardare il cielo. Mio nonno da ragazzino faceva sempre il gioco di osservare le nuvole, che mi ha assicurato essere bianche quando era giovane. Il vento le muoveva così velocemente che ogni secondo sembravano ricordare qualche altra cosa. Rideva mentre lo raccontava. Io mi sono messo ad osservare il cielo: le scure e dense nubi che lo attraversano, compiono movimenti troppo lenti e goffi per fargli assumere qualsiasi forma. Ed è per questo che non abbiamo potuto giocare. Ma mio nonno mi ha promesso che se mangio tutti i surrogati, domani mi porta a vedere dove prima c’era una cosa che si chiamava bosco. Poi si è fatto tardi. Il sole stava quasi sorgendo, e faceva già molto caldo. Ho spento nonno, l’ho rimesso nello zaino, e sono tornato a casa.