Animali Social(i) – Intesomale
Da un po’ di tempo vivo a Milano.
Da un po’ di tempo sono sui social.
Da un po’ di tempo vivo a Milano e prima vivevo in una città piccola piccola con poca gente di cui mi importava poco.
Da un po’ di tempo sono sui social, prima avevo una stanza frequentata da una decina di persone di cui mi importava poco.
A Milano ho conosciuto scrittori e visto film che in altre città non arrivano, ho imparato a parlare con persone che credevo fossero su un altro livello, a dare del tu alle cose affascinanti.
Sui social ho conosciuto scrittori e discusso film di cui prima non potevo discutere, ho imparato a parlare con persone che credevo lontane, a dare del tu più o meno a qualsiasi cosa.
A volte sento che la mia esistenza a Milano ha qualcosa di artificiale, ma può darsi non sia altro che la mia resistenza al ritmo e alla velocità con cui cambio la pelle, e il cuore.
A volte sento che la mia esistenza sui social ha qualcosa di artificiale, ma può darsi che altro non sia che il mio timore di saper esistere nel confronto con minor successo di quanto sappiano fare gli altri.
Tra le persone di cui mi importava poco, ce n’erano due o tre davvero importanti. A volte li vedo per un aperitivo in zona Cadorna.
Tra le persone di cui mi importava poco, ce n’erano due o tre davvero importanti. Con quello che sta tra l’Asia e l’Africa non ci sono aperitivi che non siano sui social.
L’arte di simulare me stesso la applico ogni volta che esco, funzione della musica che ascolto, di quanto sono debole di fronte a tentazioni e doveri.
L’arte di simulare me stesso la applico ogni volta che sono online, funzione della musica che commento, di quanto sono debole di fronte a proiezioni e desideri.
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Può darsi che un domani io passi da Milano, e dai social, a qualcosa di ancora diverso. Per questo, da oggi, a me il mondo in cui vivo non ispirerà più la necessità un po’ farlocca di esagerarne la definizione, di sentirmi diffidente (davvero sai trovare la vita altrove, Redpoz?) o retoricamente “fiero” (vai compañera Mododidire, guidaci alla rivoluzione) della condizione presente. Le generalizzazioni sono mangime per chiacchiere e lasciano il tempo che trovano, e sul tema dei luoghi di incontro e vita della modernità non possono che portare alla costante ripetizione della frase: non è il social il problema, ma l’uso che se ne fa. Che è la scoperta dell’acqua calda, e si ripete noiosamente ogni mattina, quando mi lavo la faccia.
Il disfattismo invece non lo è? Mangime per chiacchiere, intendo.
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rinunciare a mettere in cerchio quattro sassi, capendo che tanto sembrerà sempre un quadrilatero, e provare a passare ad altra attività non è disfattismo, amica mia.
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La pensiamo veramente in modo molto simile, io forse sono un pelino sbilanciato sul positivo mentre tu sei lievemente sbilanciato sul negativo, ma sostanzialmente il punto è che ‘sta roba fa parte del mondo in cui viviamo e basta. Ci conviviamo, con le insofferenze e i piaceri che derivano da tutto quello che ci circonda. A me fa incazzare metterci un’ora per arrivare in ufficio quando c’è l’udienza papale, ma mi piace molto l’idea di arrivare al mare in 20 minuti, e senza macchina sarebbe impossibile. Il punto è che si discute tanto sulle cose che prima non c’erano e oggi ci sono. Peraltro, non so se hai notato che non c’è più la mezza stagione.
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Ahahaha grande Max. Che non c’è più la mezza stagione è l’unica risposta adatta a questo post
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credo che il riferimento fosse alla banalità della considerazione: non è il social, ma l’uso che se ne fa. Ma forse non avevo colto io la critica, eh…
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La critica di Max era decisamente alla banalità della considerazione. La mia alla banalità del post
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questo lo avevo capito 🙂 beh, che dire, almeno il tuo erano banalità documentate. Certo che hai un bel carattere, eh?
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Ecco! 🙂
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beh, però certe cose dette così fanno il loro porco effetto, eh (e comunque io oggi non direi “è sempre bello il treno”)
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lunga vita al porco effetto…
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Davvero? No. Cioè: ogni tanto. Ci provo, ecco, per quanto mi sia più facile restarmene davanti a facebook (o forse proprio per questo). Però quando ho ballato con Asja, ad esempio, quando vado a giocare a rugby, quando mi sono sbronzato come un cane… E’ raro, lo so, ma resto convito che per quanto raro valga ben di più di ore davanti allo schermo aspettando le ultime notifiche di facebook.
Diffidente? Sì, ma lo son sempre stato.
Forse dentro di me, almeno per alcune cose, son conservatore: vedo un mutamento, vedo cosa potremmo perdere e quel che potremmo guadagnare ancora non mi convince.
Esageriamo? Sì e no. Generalizziamo? Sempre.
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perché: generalizziamo? Sempre? Non ne vedo il motivo. A meno che non sia il solo modo di comunicare sui social, come questo… mumble
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Ho “scoperto” di recente, anche qui, come la generalizzazione sia un tendenza, un’attrattiva irresistibile del discorso umano. Specie quando si tratta di emettere giudizi.
Tendenza abbastanza deprecabile, direi, ma non credo sia opportuno negarla.
Se volessimo essere concreti, dovremmo prendere ogni singolo caso, sviscerarlo e limitare il giudizio solo allo stesso. Sia per i social network, sia per un processo, un libro etc. etc.
Ma questo non è quasi mai possibile.
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o forse può essere un nuovo tipo di divisione del lavoro, quello che si potrebbe fare con la rete, non generalizzare, fare ciascuno la propria parte… mumble^2
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Mumble, potrebbe essere una bellissima cosa.
Ma come la organizzi? Cioè, come dividi il lavoro? La meritocrazia, specie in rete, è praticamente morta e tutti vogliamo farci tuttologi (Ortega y Gasset docet).
Eppoi, saremo disposti ad accettare il responso di un altro senza poterci mettere becco?
Infine, non va contro il modello ideale della rete, il “peer to peer”?
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peer to peer è il modello del mondo, non della rete, e funziona poco nel mondo come nella rete… non so, non ho idea di come possa funzionare…
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Bhè, però nella rete è molto più accentuato che nel mondo “reale”.
Voglio dire: nel mondo si presenta con maggiore frequenza (mi pare) l’ “eccezionale” che rompe un paradigma e impone una certa unicità.
Certo, dopo -retrospettivamente- si potranno ricostruire i mille passettini che hanno portato a Shakespeare, ma son piccolissimi passi, dispersi in tempi molto più lunghi.
La rete, al contrario, offre una contrazione e concentrazione degli stessi, per cui gli effetti del “peer to peer” sono accentuati…
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può darsi che sia così, ma rimane un tema strumentale, che è un peccato demonizzare prima di aver tentato di capirlo, di farlo funzionare
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Rispondo solo per la mia posizione, così evito di generalizzare oltre misura: provo a capire, anche se non è detto che mi persuadano, perché oltre alla comprensione mi pare vi siano anche importanti elementi di “fede” (fiducia) nel mezzo e nel futuro.
Così, unitamente alla comprensione, vi aggiungo anche una buona dose di scetticismo, forse conservatore, perché per ora è molto chiaro solo quello che potremmo perdere (e, tuttosommato, la questione politica è la minore).
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Nato e vissuto a Milano (e per brevi periodi anche in altre 7/8 città) …. i social li snobbo (forse perché ho amici raggiungibili anche telefonicamente, mezzo comunque più moderno dei segnali di fumo). Il fatto è che mi sono imposto, da qualche anno, di vivere più slow, di assaporare con calma il cibo che mangio ed il vino che bevo, di guardare mia moglie negli occhi anziché altre donne sul monitor.
E in fondo hai ragione, la differenza è nell’uso che se ne fa.
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Lo diceva già Kung fu tze:
“Vivele a Milano è come stale sul liblo delle facce.
Solo il solliso ti salva dall’essele assimilato.
La Lesistenza è futile!”
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ahahahahahahahah mi sa che vive vicino a casa mia, il tizio
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Hai il filosofo della porta accanto? Che coulomb!
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non so, ma di sicuro ho almeno 200 000 cinesi (di cui un terzo iscritti all’anagrafe)… ci sarà un filosofo no?
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per forza.
se già quando metti insieme tre italiani UNO fa il filosofo figurati con duecentomila cinesi
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quando vuoi un caffè sudamericano in una torrefazione milanese in piena Pechino basta che attraversi le Porte degli Inferi dopo via Volta e mi fai uno squillo
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Per me va bene, ma solo se spammiamo la home a tutti i tuoi follower su twitter, ci scattiamo un dozzilione di foto da postare su facebook e se instagrammiano il fondo delle tazze del caffè e ce le facciamo leggere dagli adepti della pagina facebook di branco.
Altrimenti siamo out
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comunque ti ribadisco che se mai slammeremo vorrò farlo dove hai suggerito tu, in strada, in culo ai luoghi fissi, tutti, sempre 😀
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sarebbe uno spettacolo!
e tutto improvvisato, ancora meglio.
Quello slam sui navigli di cui ti dicevo si è rivelato essere una mezza fregatura (per me).
Devi iscriverti via mail, mandando un esempio delle tue poesie. Poi fanno la selezione e quella sera le poesie vengono LETTE.
Volendo puoi improvvisare, ma che confronto può esserci con chi se le prepara da casa?
Comunque sarà mercoledì 6 novembre 2013 alle 21 a Le Trottoir! ai Navigli, se ti va di adarlo a vedere.
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Il social io lo sfrutto e non credo che lui sfrutti me…abbiamo un rapporto equilibrato e senza finzioni di sorta.
Onestamente all’inizio ero scettica, come sempre, mi tenevo alla larga da questo contenitore caotico vedendolo solamente come strumento con cui essere rintracciabile da gente di cui avevo perso le tracce spesso per volontà personale, mi metteva ansia ‘sta cosa.
Passato lo scoglio iniziare, ho imparato a fare una accurata selezione, a riversare me stessa e il mio lato SOCIAL nel virtuale, e con mia grande sorpresa mi è piaciuto e mi piace ancora oggi. L’episodio che più di tutti mi ha incoraggiata a sfruttare Facebook (perché è l’unico social che ha il PIACERE di ospitarmi) come occasione di contatto, confronto, divulgazione, condivisione, scambio, è stato l’incontro virtuale con la mamma di Valerio Verbano. Ho avuto il piacere di conversare con la SIGNORA Carla, ho potuto ammirare “da vicino” la grande forza di questa madre/donna/anarchica che è morta purtroppo senza una verità ufficiale sulla morte del figlio, ho sperato che la sua malattia le concedesse ancora tempo per avere le risposte che voleva…ma nulla.
Qualche giorno fa invece, ho avuto la mia seconda (seppur breve) conversazione in chat con Corrado Guzzanti, e ho seri dubbi che questo sarebbe potuto avvenire nella realtà quotidiana.
Insomma, finché realizziamo che un social è solo il tramite tra noi e varie realtà, e che dietro ogni rapporto virtuale c’è sempre una realtà, riusciamo a mantenere il giusto distacco anche nella condivisione, e diventa un arricchimento.
Mi piacerebbe inoltre che ci fosse una seria presa di coscienza delle potenzialità che offrono i social, di quanto possono essere utili e rivoluzionari se usati nel giusto modo, invece di far sapere al mondo quante volte si caca al giorno.
Un po’ caotica nella forma, ma apprezzate la lunghezza del commento 🙂
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credo che la cosa più interessante del tuo commento sia proprio la conferma del fatto che i social e il mondo vivono nella stessa realtà, come credo anch’io, come Max ha detto ancora meglio di me. Certo, come ogni posizione polarizzata, la tua sceglie di vedere alcune cose e di non vederne altre, ma per stamattina sono stanco di stigmatizzare generalizzazioni 😉
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Ok…puoi riposarti quanto vuoi, e poi riprendere a stigmatizzare…
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😀
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Ma tu non hai avuto il privilegio di litigare con Gramellini 😉
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Azzo…mi manca!!! A prescindere dall’argomento, hai fatto bene!!!
…ovviamente voglio i dettagli 😀
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se hai tempo è tutto qua 🙂
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Mododididire era riferito a me , mondidascoprire?
scusa
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no, era riferito a Mododidire, quella col cactus nell’avatar che guida l’intifada 😛
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ok scusa 🙂
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Figurati… bella diplografia btw
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mi è scappato qualche di di di più 🙂 🙂
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no, senti…41 commenti non ci penso proprio a leggerli.
questa frasetta, però…
“a dare del tu alle cose affascinanti!”
gnam gnam!
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