Di elezioni: Iowa, the race is open

Vista la mole di considerazioni che dovrebbero seguire una battaglia accesa e con gli esiti ancora poco definiti (anche ad “urne chiuse”) come le primarie in Iowa, organizzare i pensieri su questa primissima tappa delle primarie americane non è semplice.

I risultati che emergono dicono in realtà meno di quanto potremmo pensare a prima vista: fra i repubblicani, Trump esce sconfitto, piazzandosi secondo a circa 3% da Cruz; fra i democratici Sanders e Clinton sostanzialmente pareggiano sia nel voto che nel numero di delegati, con l’ex first lady leggermente in vantaggio.
Andando un pò oltre questi dati si possono però fare delle considerazioni che ridimensionano abbastanza la portata. Eccole…

1° considerazione: Trump ha perso, ma quanto? ma come?
Il miliardario arriva secondo, ma con appena un delegato in meno del texano Cruz. Nulla di preoccupante, insomma.
Poi, ben più importante: Trump ha perso… senza fare campagna on the ground: il miliardario si è limitato alle sparate televisive, approfittando solo della notorietà mediatica che gli è stata concessa e con qualche apparizione ai comizi. Nessuno ha idea di quanti attivisti avesse in campo (fondamentali nei caucus), se alcuno.
Insomma, resta la domanda: che campagna è davvero quella di Donald Trump? Corre solo per far confusione o per diventare veramente presidente? Nel secondo caso, non è da escludere che a breve cominci veramente mettere uomini in campo…

2° considerazione: Marco Rubio
Rubio si presentava come un candidato valido, ma ancora poco apprezzato dall’elettorato. Il buon risultato in Iowa potrebbe aprirgli la strada alla nomination anche se molte delle sue possibilità dipendono dal sentiment generale degli elettori: mentre i leaders del GOP osteggia candidati troppo “fuori dai ranghi” come Cruz e Trump, gli elettori sembrano più intenzionati a rivolgersi proprio a queste figure anti-establishment, come forma di protesta rispetto ad una Washington che -come si ripete- “non fa nulla per i cittadini”.
Rubio, per fortuna o purtroppo, non rientra in questa categoria e si rivolge soprattutto all’elettorato conservatore “classico”. Insomma, potrebbe essere un buon nome per la presidenza, ma soffrire molto durante le primare. Anche per lui il New Hampshire si potrebbe rivelare determinante: con un altro buon risultato prosegue la corsa, ma un “buon risultato” potrebbe non bastare.

3° considerazione: un pareggio è veramente un pareggio?
Certo, le prospettive per Hillary Clinton di vincere la nomination democratica restano praticamente intatte, ma passare da una prospettiva di vittoria col 40% di scarto ad un pareggio con tiro della monetina è una bella differenza! Lo scarto fra i due maggiori contendenti democratici in Iowa è ridotto allo zerovirgola e uno, forse due, delegati alla convention. Mediaticamente avrebbe potuto essere un disastro e se Hillary si è salvata è solo perché la “batosta” di Trump ha fatto più scalpore della sua.
Sanders giustamente ora può dichiarare di essere pronto ad una lunga campagna. Lunga, quindi dagli esiti più incerti di quando è iniziata. Senza dubbio, per guadagnare un monentum favorevole che lo porti alla ribalta anche negli Stati in cui è meno conosciuto, il senatore socialista del Vermont ha bisogno di risultati migliori (a partire dal New Hampshire). Ma i giochi sono più aperti di quanto potesse sembrare.

4° considerazione: quanto vale un voto?
Sempre in campo democratico, è interessante notare che Clinton -prima fra tutti i candidati in termini di finanziamenti- ha raccolto 163 milioni circa e ne ha spesi 90, mentre il suo sfidante Sanders ne ha raccolti 75 e spesi 47 circa. A parita di risultato nel primo Stato interessato, significa che un voto è costato a Hillary Clinton quasi il doppio che a Sanders…
E dovremmo discutere anche sull’origine di questi soldi: il senatore del Vermont dichiara che i suoi finanziatori fanno donazioni medie di 20 $ e di non ricevere fondi dai cosìddetti “super PAC” (anzi: più di qualcuno è specificamente diretto contro di lui). Lontano anni luce dalla Clinton anche su questo.

5° considerazione: la base elettorale
Osservando la ripartizione dei voti in questo caucus si possono notare alcuni dati interessanti, fra essi: 1) Sanders è preferito fra gli elettori con istruzione più elevata; 2) Hillary è preferita (poco: 50,5%) fra coloro che hanno sostenuto Obama nel 2008; 3) Sanders ottiene un ragguardevole 49,7% di preferenze fra gli elettori che nelle primarie del 2008 hanno sostenuto Hillary- che conferma solo metà della propria base elettorale di allora; 4) Sanders ampiamente preferito fra i giovani (84%), i c.d. millennials; 5) chi ha votato Clinton l’ha fatto perché “può vincere a novembre [elezioni nazionali], mentre chi ha votato Sanders l’ha fatto per la sua “onestà e affidabilità“; 6) il voto delle donne, spaccato: le femministe “classiche” invitano a votare per Hillary, mentre le giovani sembrano più interessate al tema della diseguaglianza economica, quindi orientate verso Sanders: c’è un gap ideologico e generazionale in corso.

E ora sotto col New Hampshire!