Ordine e progresso

Mi pare fosse in un articolo di Zoro sul Venerdì di Repubblica dove ho letto la dichiarazione di un vescovo italiano (credo il solito Bagnasco) riguardo il Family Day e il DDL Cirinnà, dichiarazione secondo la quale piuttosto delle unioni civili in Italia vi sarebbero “ben altre priorità“. O forse era Michele Serra.
Ad ogni modo, vorrei sapere quali siano queste priorità… magari, come era stato proposto la scorsa legislatura, una legge sui ricongiungimenti familiari dei parlamentari?

Ma, ancora una volta, vorrei ribaltare il comune ragionamento nel dibattito sulle unioni civili. Anzi, sui diritti civili in generale.
Chi scrive non nutre (purtroppo) particolare fiducia nelle capacità intellettuali e di scelta dei cittadini, specie da quando siamo stati tutti inebetiti dal discorso assertivo e populista che dilaga fra media e certa politica (perché, e passant, nessuno dice che i “risparmiatori truffati” dalle banche si sono “fatti truffare” volontariamente in nome del profitto facile?). Tuttavia, devo anche riconoscere che gli elettori hanno saputo, in passato, dare prova di grande maturità.
E, prima che qualcuno faccia battute, preciso che non sto parlando del 2014.

Parlo del 1974.
Il 1974 fu un momento decisivo nella storia di questo paese, un momento di maturità, sensibilità ed intelligenza: il momento in cui gli italiani votarono contro l’abrogazione della legge sul divorzio.
Guardate i titoli dei giornali di quei giorni: “Contro il tentativo clerico-fascista di sopprimere la democrazia e l’autonomia dello Stato” (Il Messaggero); “L’Italia è un paese moderno” (La Stampa); “Il referendum ha confermato la grande maturità civile degli italiani / La democrazia si rafforza” (Corriere della Sera!!).

Ora, immaginate se il giorno prima di approvare la legge 898/1970 sul divorzio il Parlamento si fosse fermato dinnanzi ad un “Family Dai” o, ed allora era ben peggiore, all’opposizione dei prelati e dei cattolici italiani. Saremmo ancora nel medioevo dei diritti, anche più di quanto già non lo siamo oggi.
Bene: non lo fece.

Ma, allora, mi chiedo: perché ciò dovrebbe accadere oggi?
Visto che nel 1970 abbiamo dimostrato che l’Italia è uno Stato laico ed autonomo rispetto alle istituzioni religiose, perché non potremmo farlo ora?
Visto che i leader della piazza di domenica hanno “minacciato” che si ricorderanno di chi in Parlamento li aiuta nella loro battaglia e chi no, perché non dar loro la legittima possibilità di mettere alla prova queste prese di posizione?

Semplicemente: approvate questa benedetta legge sulle unioni civili. Approvatela, poi andremo a referendum, come previsto dalla Costituzione, se ne saranno capaci.
Andremo a referendum e vedremo davvero quali sono i “pesi” nel paese fra coloro che supportano le unioni e i diritti delle coppie omosessuali (e non solo) e coloro che al contrario li osteggiano. Vedremmo, nella libertà di ciascuno, quali sono le priorità; metteremo nuovamente alla prova gli italiani e ne vedremmo la loro maturità.
Non capisco proprio perché una piazza da 300.000 persone (ma diciamo pure 1 milione! Sono comunque di 1/50 degli elettori!!) debba condizionarne 60.000.000… se deve essere “il popolo” ad esprimersi (e non i suoi rappresentanti), allora voglio che ciascuno di noi si esprima individualmente: persona per persona, come funziona in democrazia. Non “rappresentati” da una qualche piazza legittimata solo al momento.
Diamo ai cittadini la possibilità di far veramente sapere cosa pensano sul tema delle unioni civili. Avanti!
Invertiamo, anche stavolta, il ragionamento e vediamo davvero quanti sono questi reazionari (accompagnati da Casa Pound, per dire!).

Sono proprio curioso…