due domande

Chi mi conosce, sa che c’è un tema che mi sta particolarmente a cuore (e del quale parlo meno di quanto dovrei): quello della violenza sulle donne. Violenza sessuale.

In effetti, sarebbe da riflettere anche sul perché se ne parli così poco, io stesso ne parli così poco. Credo che anche questo sia un elemento esemplare di quella “questione maschile”, di quel maschilismo viscerale che inverbera la nostra società e che rende (non dico “tabù”, ma) irrilevanti alcuni argomenti, bollati come “di genere”.
Ma questo tema lo lasciamo per un altro post.

La riflessione, le due domande, che invece voglio sottoporvi ora derivano dalla lettura di questo articolo su una giornalista australiana che avrebbe trovato “un modo per combattere le violenze sessuali” (anche sul MailOnline e The Guardian).
Parlare alle madri.

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Avendo ricevuto dei commenti sessisti (e schifosamente volgari, nel senso più deleterio del termine) via internet ed in particolare su facebook, Alanah Pearce (giornalista australiana) ha pensato di scrivere alle madri degli autori di questi commenti… Aldilà del fatto che l’idea sia piuttosto interessante e, si spera, efficace, un paio di domande mi sorgono riguardo questa storia. Domande banali, in verità.

La prima: che livello di stupidità e di inciviltà dobbiamo aver raggiunto per fare commenti o affermazioni simili a viso aperto? Voglio dire: meglio gli incappucciati del KKK, che almeno se si mettevano il cappucio era per preservare la propria indentità, perché sapevano che quel che facevano era errato e socialmente condannato. Ora non più. O questa è stupidità, nel senso che non ci rendiamo conto di esporci personalmente in internet o è indecenza, nel senso che crediamo di poterci esporre con affermazioni simili senza paura di una condanna sociale. In entrambi i casi, c’è un problema. A quanto pare, il senso di vergogna (Schopenhauer potrebbe dire, dell’onore) e la coscienza di sé sono scomparsoìi. Benone.

La seconda: ma le madri di queste persone, dov’erano? Con questa domanda parto dalla premessa che gli autori dei commenti siano giovani-adulti rispetto ai quali i genitori hanno ancora influenza, altrimenti tutto il lavoro della Pearce non avrebbe senso. Ma, allora, queste madri non hanno mai pensato di scambiare due parole con i loro figli riguardo il rispetto dell’altro (neanche delle donne, proprio degli altri)? Grazie tante che ora dici “scusa tanto! sì, gli parlerò“: non gli hai mai parlato prima? Voglio dire, se mia madre m’avesse sentito dire la metà di quello che c’è scritto in quel commento, mi sarei beccato una sberla da farmi roteare la testa. Idem da mio padre: me l’avrebbe raddrizzata, la testa, con un’altra sberla.

Di Alanah Pearce c’è anche questo articolo “30 giorni di sessismo“.

Poi non venitemi a parlare dell’ISIS.