Danger, le communautarisme!

Qui sonne bien comme le “communisme”!

Durante la sua intervista a “DiMartedì”, parlando dell’immigrazione, Marine Le Pen ha fatto un’affermazione interessante. Non condivisibile, assolutamente, né dal punto di vista politico, né sociologico. Ma un’affermazione sulla quale vale la pena ragionare.

Afferma Le Pen: “l’immigrazione porta il comunitarismo.
Dicasi “comunitarismo” quelle teorie contrapposte al liberalismo che vedono il singolo principalmente, o esclusivamente, come membro di una comunità, di un gruppo.

Io non credo che questa affermazione sia corretta, credo piuttosto che gli individui si cerchino rifugio nelle comunità, quando le condizioni sociali diventano critiche e le prospettive di vita appaiono negative. In queste circostanze, a mio avviso, l’individuo è portato a cercare sostegno fra coloro che gli paiono più prossimi e disposti ad aiutarlo, a dargli un’identità ed un senso d’appartenenza rassicuranti.
Ma, non essendo un sociologo, non approfondirò oltre questo tema.
Piuttosto, mi basta esporre un paradosso.

Il paradosso interno al Front National.
Leggo nell’interessante articolo “A party with no past, just future?” di Charlotte Rotman (già giornalista per Libération) sul sito Policy Network (che consiglio caldamente) che il “nuovo corso” di FN si fonda soprattutto sul contributo di tanti giovani ragazzi e ragazze che vedono nel partito di estrema destra francese un’ancora cui aggrapparsi in un momento tanto critico e pieno di incertezze. Cito la Rotman, quando parla dei ventenni sostenitori del Front National:

[…] a generation that often feels humiliated, derided and threatened by globalisation. These young FN recruits need rules and are in search of an identity. The FN knows how to reassure them. In an increasingly complex world, which is harder to decipher, it is appealing with its unequivocal approach […]
(Una generazione che si sente umiliata, derisa e minacciata dalla globalizzazione. Queste giovani reclute di FN hanno bisogno di regole e sono alla ricerca di un’identità. FN sa come rassicurarli. In un mondo sempre più complesso, difficile da decifrare, è di forte appeal con il suo approcio non-equivoco).
But what these young people have found in the FN is also an individual identity, a place within a community. Here, thanks to the party, they are no longer feeling lonely or isolated. “I don’t cry anymore, asking myself what I’m doing with my life. Now, I know why I am tired and why I wake up early in the morning,” a 29-year-old woman said. They have found in the party a “family”, giving them a sense of safety, affection and structure. […]
(Quello che hanno trovato nel FN è un’identità individuale, un posto entro una communità. Qui, grazie al partito, non si sentono più soli o isolati. “Non piango più chiedendomi cosa farò della mia vita. Ora so perché sono stanca e perché mi alzo presto la mattina” dice una ragazza di 29 anni. Hanno trovato una “famiglia” nel partito, che dà loro un senso di sicurezza, affetto, una struttura).

A me pare abbastanza palese che vi sia una forte similitudine, una somiglianza, fra questi giovani francesi sostenitori del Front National e tanti immigrati di seconda, terza o addirittura quarta generazione che ora cercano di rinsaldare i legami con la propria cultura d’origine, sentendosi “rigettati” dalla società che li doveva accogliere (la definizione vale in entrambi i casi, curioso, no?).
Mi pare anche che si potrebbe persino azzardare una similitudine fra i giovani figli d’immigrati che oggi partono verso le terre governate dallo Stato Islamico alla ricerca di un qualche “fondamento” (fondamentalismo) e i giovani francesi, italiani, greci, tedeschi “neri” che propagandano il nazionalismo ed il ritorno ad identità nazionali, ai “sacri confini”. Forse addirittura con i giovani “neri” di qualche decennio orsono che mettevano bombe o sostenevano colpi di Stato contro le nostre democrazia troppo aperte ed inclusive.

Scusate, non ho resistito

Scusate, non ho resistito

D’altronde, lo ripetono già da tantissimo tempo i Wu Ming che un tratto distintivo della “destra” “[pensare] che la nazione sarebbe – e un tempo era – unita, armoniosa, concorde, e se non lo è (più) la colpa è di forze estranee“. E cos’è questa immagine di una nazione coesa, coerente ed “armoniosa” se non la vecchia idea di “comunità? Una comunità nella quale prevale il “noi” ed i conflitti dell'”io” sono messi a tacere?

Ecco, la cosa divertente del discorso della Le Pen è che il suo partito applica ai suoi adepti esattamente quello che lei stessa critica agli immigrati.
Che poi è comune a moltissimi partiti fascisti (a partire dal fascismo italiano e dal nazismo, fino agli attuali Casa Pound e Alba Dorata).

Che dire, ho sempre trovato straordinariamente divertente questa ipocrisia della destra.