La verità – mododidire – Lo stomaco rivelatore

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Da anni mi chiedo se la verità esiste. Se ne esistono tante diverse, la mia la tua la sua, o se i fatti vogliano dire qualcosa. In fondo i fatti sono fatti da uomini e hanno dentro la verità degli uomini e allora ricomincia la giostra della libertà, non quella della verità. Ma la libertà è sempre diversa, mentre gli antichi dicono che la verità no.

Il problema, quindi, non sarà la fallibilità della verità, credo, ma la fallibilità dell’uomo.

Se dovessi immaginare la Verità (ché ultimamente mi diverto a immaginare e definire le cose astratte, croce e delizia della lessicografia) la immaginerei come un neonato che strilla dentro di noi, non per nove mesi, ma per tutta la vita. Non nelle donne, ma in tutti. Un esserino che devi accudire, nutrire, far giocare, crescere, divertirsi. Ci devi parlare, devi star sveglio la notte con lui se non vuole dormire. Se riesci ad avere un buon rapporto con l’esserino, la Verità diventa la tua forza e ogni giorno saprai muovere le gambe sapendo che sei nel giusto. Puoi anche spostarti di mondo, di civiltà o di tempo, ma quei passi saranno diritti come una linea tracciata con uno strumento di precisione. Perché se il tuo volere coincide casualmente (o di proposito) col volere dell’esserino, le sue ore di sonno con le tue, lui avrà cura di non lasciarti i bisognini in un lato del cervello, come le scorie che molte verità lasciano in noi.

Se cominci a non ascoltare i pianti dell’esserino, se lo lasci morire d’inedia, se dimostri di non avere abbastanza considerazione per lui, quello ti sbrana. Non muore, rassegnati, ma ti mangia dentro. Comincia dall’addome, ad addentare lo stomaco, poi l’esofago, poi il cuore, poi a raggio ti mangia gli organi sessuali e la gola, fino ad arrivare agli arti, o peggio al cervello, e tu non hai più voglia di vivere davvero. Vivi lo stesso, è ovvio, ma non davvero.

Non sempre te ne accorgi, ti sembra una febbre, o un malessere qualunque, e invece è la verità che chiama. Magari prima che tu riesca a sentirla ci vogliono decenni, non basta una vita a volte, ma è come un tarlo, che nel frattempo ha divorato un po’ tutto.

Credo che in questi tempi la verità segni la differenza tra vivere davvero e sopravvivere a fatica (visto che ormai – e che culo, eh! – abbiamo maturi strumenti per scoprire certe distinzioni…)

Di solito – per lo meno a me – accade di ignorarla perché non coincide con la verità del mondo. Se stai per molto tempo con chi nega l’evidenza, cominci a negare l’evidenza anche tu. A quel punto sei in una posizione tremenda, perché l’esserino ti ama ma ti schiaccia il mondo. L’esserino deve farti star meglio al mondo, non peggio, pensi. Se davvero non si vuole adeguare perché è un emotivo, un istintivo, un sentimentale, allora va ignorato, pensi.

E invece no, perché quello ti sbrana.

Che delirante casino.

Quello di cui ho sempre avuto paura non è la verità del mondo, che è dura, difficile, e dagli aggettivi e stereotipi ormai inflazionati. Ho paura della verità di ognuno. E anche della mia.

Le ho viste inferocirsi nei modi peggiori, uscire fuori in modo violento  o lentamente, somatizzate come una febbre, appunto. E mai che riuscisse a una di queste verità di essere ascoltate dal legittimo proprietario prima di fare danni. A volte è stato più facile accudire un’orchidea, che la verità. A un certo punto ho anche pensato che il cosiddetto raptus del vicino di casa che salutava sempre e che ha squartato moglie e figli sia frutto di negate verità. Lo so perché io posso correre, nascondermi e nasconderle un sacco di cose, posso scegliere, divorare i minuti o lasciarmi andare, ma la mia verità sta lì e – maledetta – non muore mai.

Certo, esiste il libero arbitrio, l’Uomo è grande e potente e ha tutti i diritti di ignorare le verità, quella del mondo e quella del sé, di lasciarle a combattersi o farle coincidere, considerare più l’una o l’altra a seconda delle forze di cui dispone o dell’umore. Però è giusto che gli venga il dubbio, qualche volta, che il mal di stomaco che gli fa sprecare le giornate non sempre è dovuto a quello che mangiamo, ma alla verità che ci rosicchia la pancia.

Così è, almeno, per me.