Zoff, Gentile, Scirea, Falcao, Socrates, Cruyff, Rumenigge…

“Se domandi a un romano romanista chi è il suo calciatore preferito, ti risponde ancora Falcao. Ma poi c’è stato Totti e tutti quelli dai nomi impronunciabili. Noi ci siamo fermati a Scirea, e pure se il suo ricordo ci scalda ancora il cuore, un po’ di mercato dobbiamo farlo.
Così scrive il discutibile collega Roberto Albini in una mail sull’annosa discussione relativa alla memoria di Berlinguer (per questo post) ed alla necessità di superare il passato (sintesi -discutibile- mia).

Per il momento, vorrei lasciare da parte Berlinguer, almeno nella mia riflessione. Dopodichè, ognuno potrà fare le considerazioni che ritiene più opportune.
Cercherò di riflettere soprattutto sui campioni del calcio, perché credo risulti più facile (e riconosco il merito di Rob di aver focalizzato il tema in questo senso) riflettere sui calciatori, visto l’impatto mediatico ed emotivo che hanno, piuttosto che sui politici o sugli ideali.
2186010184_5c973767edRicordo che qualche anno fa, quando ero ancora studente all’università e pessimo giocatore di PES alla playstation, la mia squadra ideale era tutta composta di “vecchie glorie”: Zoff, Gentile, Scirea, Beckenbauer, Boniek, Socrates, Zico, Neeskens, Eusebio, Cruyff, Rumenigge…. C’era pure il mitico “Didi” Deschamps, ma stonava un pò.
E anche oggi, se mi si chiedesse di nominare un numero ristretto di giocatori straordinari, difficilmente vi includerei campioni più o meno recenti come Baggio, Totti, Del Piero o Cannavaro.

Insomma, come scrive Rob, preferisco (preferiamo?) il passato.
Perché? In fondo sia Scirea che Cannavaro, sia Totti che Conti sono stati campioni del mondo….
Ma credo vi siano alcune ragioni, poco razionali ma molto logiche, che giustificano questa preferenza.

La prima potrebbe essere ben riassunta con un pensiero di Hemingway: “la cosa strana del futuro è che un giorno i nostri giorni saranno chiamati ‘i bei tempi andati’“. Per quanto paradossale possa sembrare, è esattamente così.
V’è abbondanza di studi psichici che dimostra come la memoria tenda a preservare soprattutto i ricordi piacevoli, che diventano predominanti. E azzardo l’ipotesi che questo accada anche per la memoria collettiva.
Così, se da un lato si può ancora impunemente dire che “quando c’era lui, i treni arrivavano in orario“, la memoria di Falcao risulta sempre più dolce e piacevole di quella di Totti. Perché nel frattempo le pecche di Falcao ce le siamo belle e dimenticate. Accade la stessa cosa con Maradona, che pure di pecche ne aveva un bel pò.
Anche questa, è una grande lezione. Pure politica: diceva infatti Macchiavelli sulla crudeltàdalle crudeltà amel usate o bene usate. Bene usate si possono chiamare quelle (se del male è licito dire bene) che si fanno ad un tratto, per necessità dello assicurarsi, e di poi non vi insiste drento ma si converstiscono in più utilità de’ sudditi che si può. Male usate sono quelle le quali, ancora che nel principio sieno poche, più tosto col tempo crescono che le si spenghino. [….] Perché le iniurie si debbono fare tutte insieme, acciò che, assaporandosi meso, offendino meno: è benefizii si debbono fare a poco a poco, acciò che si assaporino meglio” (da “Il principe“- qui).

Il secondo motivo è che i tempi erano differenti. E, con essi, gli uomini.
Anche questo, probabilmente, è influenzato dal primo, ma l’impressione è che fino agli anni ’90, tutte le “celebrità” (calcistiche, politiche, dello spettacolo…) fossero ancora “persone come noi”, vivessero sostanzialmente nello stesso mondo e fossero raggiungibili da chiunque. Basta pensare ai film americani col pugile che vive sul tuo stesso pianerottolo od il campione di football che passa sotto casa (tipo “Imbattibile” su Vince Papale). Ma, anche fra quelli nati prima del 2000, ricordano la storia di Moreno Torricelli? Da magazziniere a vincitore della Coppa dei Campioni. A quanto pare, un modello già sul tramonto…
Poi è arrivato un distacco. Ed il distacco si è sempre più ampiato.
Credo questo distacco sia in larga parte legato a ragioni economiche: il professionismo estremo, gli sponsor, l’incremento degli introiti e mille altre ragioni che hanno riprodotto anche nello sport una divisione sociale fra “super-ricchi” e tutti gli altri. Similmente è avvenuto nella politica.
Allora ripensare a Falcao o Scirea ci riporta a pensare a giocatori che tuttosommato apparivano “persone normali”, come tutti noi. Non a caso, Scirea morì in un incidente d’auto, su una Fiat 125 (non schiantandosi con una Ferrari a 360 km/h). “Più umani”, mi verrebbe da dire.
Oppure, è forse un caso che oggi tanti “idoli” siano “scelti” tramite la televisione? La cosa meriterebbe più attenzione, ma mi pare che condensi in sé due aspetti: a) l’illusione che questi idoli provengano “dalla gente comune”; b) sono selezionati e presentati in un luogo fisico distante, tramite un medium di massa, che distanzia dal resto delle persone.
(e qui dovremmo riaprire la discussione su come si ponga internet in questo processo).

Forse un terzo motivo potrebbe essere che quelle celebrità di allora erano “uomini a tutto tondo”. Ma forse è solo una precisazione di quanto sopra.
Forse il loro fascino permane perché non sono mai stati appiatti su un ruolo, su un personaggio esclusivo. Socrates, per esempio, era “o doutor“, il dottore. Perché prima di giocare a calcio, si era anche laureato in medicina. Ed era politico. Ma fermiamoci qui, che a parlare di Socrates non si finirebbe mai.
Ed oggi di Totti, oltre al “cucchiaio” cosa ricorderemo? La moglie velina ed il libro di barzellette? Forse è un pò pochino per durare nella storia.
Perché cos’altro è la storia, se non durare?
Ed indetiche riflessioni potremmo farle in altri ambiti (penso alla musica, con Joan Baez e Miley Cyrus che nomino di seguito).

Ora, giustamente, Rob mi obbietterebbe che tutte queste considerazioni non rispondono al punto finale del suo ragionamento: “un pò di mercato dobbiamo farlo“. Dobbiamo tornare a scovare qualcuno che “scaldi i cuori” come Socrates o Scirea.
In proposito, Massimo Recalcati ha scritto parole molto interessanti sulla politica letta in chiave psicologica come rapporto padre/figlio: in un suo intervento a “Che tempo che fa”, Recalcati spiegava a) che il dialogo fra Bersani ed il Movimento 5 Stelle non poteva funzionare, perché era come un dialogo fra padre e figlio, fra generazioni troppo distanti ed incomunicabili, e b) che se Berlinguer incarnava la figura (seria e austera) del “padre”, Renzi forse potrebbe essere per la sinistra quella del “figlio”.
E, in fondo, mi viene da pensare che questo criterio possa applicarsi ad ogni persona celebre: Berlinguer e Socrates austeri e serii come dei padri, Renzi e Neymar leggeri e spensierati come dei figli. Oppure prendiamo Joan Baez e Miley Cyrus.
Lascio da parte ogni giudizio. Mi basta dire che forse, forse, qualcuno potremmo trovarlo.
Ammesso e non concesso che a noi “vecchi” vada bene.

Ma se è così, ed ammettiamo che lo sia, il ragionamento di Recalcati ci mostra anche un’altra cosa. Ovvero che il nuovo idolo (sportivo, politico o che altro) non potrà assomigliare ai vecchi: Del Piero o Totti non potranno mai ricalcare le orme di Platini o Falcao. Magari troveranno una loro strada nella nostra memoria collettiva, questo ancora non lo sappiamo.
Miley Cyrus ne è l’attualissimo esempio: che piaccia o no (e a me non piace, tanto per dire), incarna un nuovo modello di celebrità. O Balotelli. Ed è un caso che entrambi mi sembrino tanto vicini al concetto di “figlio” per Recalcati?
Ma non aspettiamoci che cambino il mondo. Ecco.
(questo, semmai, era un problema dei “padri”).

Ma son loro “troppo nuovi” o siam noi “troppo vecchi”?
La domanda mi fa fare un salto indietro alle tre considerazioni iniziali (che son personali, senza dubbio): molti di noi sono nati, educati e cresciuti nella logica di quelle riflessioni. Altri, come la mia generazione, si son trovati in un momento di passaggio: alcuni hanno compreso e accettato appieno sin da subito le mappe di un mondo cambiato, i nuovi criteri di orientamento (mi vengono in mente le “branchie” o i “momenti Fosbury“di Baricco); altri sono rimasti attaccati a quelli vecchi. “Inattuali”, forse.
Ma, allora, è tutto un problema di “educazione” (in senso lato)? In un certo senso, sì: ai bambini di oggi, Balotelli pare un mito. Anche il sucesso del “modello velina” (non certo quello di una Nilde Iotti) si spiega così.
Prevedere se sia un bene od un male ad oggi, è praticamente impossibile. Perché i soli criteri di giudizio che abbiamo, noi, sono quelli passati. (per me, comunque, è piuttosto un male).

E, chissà, magari fra trent’anni ci ritroveremo a parlare di quanto brave erano le celebrità del 2000-2010.