QUINDICI DITA

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Ieri, per stupirmi un po’, mi sono iscritto ad un sito di briscola on line. Uno entra, ed è come trovarsi in un osteria di qualche decennio fa, quando dopo il cantiere si andava allegramente a giocare a briscola che era una scusa socialmente accettata per buttarsi in corpo mezzo litro rosso prima di andare a cenare. Che adesso ci sono quelli come Mario, il mio collega, che esce da lavoro e dice: “Andiamo a farci uno sfriz?”. Ma a me queste cose straniere un po’ mi imbarazzano e allora ho proposto un prosecchino: fa chic e non impegna. E Mario: “Va bene ma ce lo andiamo a prendere a Trastevere”. Come a Trastevere Mario? Stiamo a Boccea, facciamo prima ad arrivare a Firenze a quest’ora. “No, perché lì ci divertiamo”, risponde. Come ci divertiamo Mario? Due ore per arrivare e poi ritrovarsi seduti ai bordi della strada a respirare  molecole di monossido di carbonio  così grandi che c’è gente che le cattura con il retino e le colleziona. Mario, ma che t’ha fatto il bar all’angolo, Mario? Che ci sono ancora le sedie di legno con la vernice verde mezza staccata, poi magari ci prendiamo un tavolino, tu il tuo sfriz, io il mio prosecco, e ci facciamo una bella partita a briscola. E’? Che ne dici Mario? Chi perde paga da bere! E’ Mario? Dai Mario… Mario, Mario?
Un tempo la briscola era considerata un divertimento all’avanguardia. La gente tornava tardi a casa per finire una partita, e c’erano un sacco di persone che trascuravano persino le famiglie per la briscola. E questo perché quando giocavano erano contenti. Che adesso ci sono quelli come Mario che passa, ti vede fare una mano on line e dice: “Ma guarda come sei vecchio. Almeno gioca a Texas Ranger Old En Em, no?”. Ma come a Texas Ranger Old En Em, Mario. Mario: che prima con la briscola uno al massimo perdeva mezzo litro di rosso e adesso, con il poker, la casa. Mario, ma che t’ha fatto a te la briscola? “Io, scommetto”, continua, “e mi diverto”. Come ti diverti Mario? Ma allora quando bestemmi e mandi a fanculo lo Sporting Bratislava, che tu non sai neanche dov’è Bratislava Mario, Mario: sinceramente, io non ti vedo ridere.
Allora a questo punto ho capito che non ho capito. Cioè, la briscola ha riempito il tempo libero di almeno tre generazioni, poi all’improvviso non è andata più bene. Perché? I tempi cambiano, dice Mario. Ma Mario, se i tempi cambiano allora dovrebbe cambiare tutto. Dovremo dire: “ancora le fabbriche?”, “ancora le centrali nucleari?”, “ancora i soldi?”, “ancora i mercati finanziari?”, i tempi cambiano. E invece il tempo è cambiato solo per la briscola, e per i miei capelli. Mario, secondo me non sono i tempi che cambiano, ma i cambiamenti che temporeggiano.
E’ una questione di numeri dice Mario. Se prima ti divertivi con tre carte, pensa adesso con cinque, dice Mario. “Come nel cinema, no? Tempo fa bastavano due dimensioni, adesso perlomeno tre e già si pensa alla quarta”, continua. Come una questione di numeri, Mario? Mario, ma allora che vuol dire che l’operaio che prima guadagnava cinquecento mila lire al mese, era più triste di uno che adesso prende seicento euro? Che vuol dire, Mario, che se avessimo avuto quindici dita per mano dava più gusto farsi le pippe? Mario: sinceramente, non mi hai convinto.
Che Mario dice: “Sei rimasto indietro”. Ma Mario, soffro di mal di mondo Mario: se sto davanti vomito. “Chi si ferma è perduto”, aggiunge. Ma Mario, di solito chi rimane fermo si riposa, Mario. Mario: ma che è questa smania di faticare, Mario?
Mario, do le carte? Dai che poi ti piace, Mario. Mario… Mario?…