Ebola, perché bisogna parlarne
Due anni fa, quando ero in Africa (in Tanzania, per la precisione), vi fu un’epidemia di ebola relativamente piccola nella confinante Uganda.
“Relativamente piccola”…. come dire…. Ancora aldilà del confine e sufficientemente distante da dormire la notte. Ma, credeteci, non era affatto simpatico. Né io avevo la prontezza di spirito di J. che, nonostante la diffusione del virus voleva andare a far rafting sulle sorgenti del Nilo: “è controllata“, diceva.
Allora, per mia fortuna, i media nazionali non si preoccuparono affatto della vicenda. Per mia fortuna, perché se i miei genitori l’avessero saputo mi avrebbero tartassato di domande inquiete.
Oggi come allora in Italia non se ne parla.
“Un virus spettacolare“, così lo descrive ancora oggi il suo scopritore, Peter Piot. Purtroppo. -E andatevi a leggere come è stato analizzato e scoperto il virus ebola-. Un virus difficile da distinguere; per il quale non esistono cure specifiche, né vaccini; facilmente trasmissibile tramite tutti i fluidi corporei, anche da animali. Inizialmente si è sospettato che il virus fosse trasmesso da animali quali i gorilla. Ora si indaga sui pipistrelli. Quindi, l’ebola di diffonde soprattutto nelle aree rurali, prossime alle foreste.
Un virus che nel suo ceppo peggiore (lo “Zaire“) ha una mortalità di circa il 90%.
Orbene, da qualche tempo è in corso un’epidemia di ebola in Africa Occidentale. La prima dal 1994. Soprattutto in Guinea, ma le notizie riportano di alcuni casi anche in Sierra Leone e Liberia.
Come dice Piot “è frustrante“, perché dopo anni di ricerche ancora non si conosce l’esatta trasmissione del virus e perché contenerlo potrebbe esser relativamente facile, rispettando normali misure d’igiene. Ma in un paese poverissimo come la Guinea, le autorità hanno impiegato sei settimane ad identificare il virus dalla prima diffusione delle febbri emoraggiche.
Le ultime notizie dalla Guinea riportano che sarebbe arrivata nelle aree urbane della capitale Conakry. Città piena di bidonvilles.
I ministri riuniti al meeting ECOWAS hanno già denunciato l’epidemia in corso come “una grave minaccia alla sicurezza regionale“. Con stime di 72 morti su 116 infettati, decisamente lo è: la Mauritania ha già predisposto misure per limitare la circolazione delle persone; la Guinea ha vietato di consumare carne di pipistrello (sarà efficace?) ed i funerali; la compagnia aerea Gambia Bird ha limitato i voli su Conakry
Qui, comunque, non se ne parla.
In fondo lo capisco: la Guinea è abbstanza lontana e certo non è un’area strategica per la politica estera italiana. Quella è zona francese, da secoli.
Ma non credo possiamo permetterci di far passare la notizia sotto silenzio. Certo, è difficile che ci tocchi… ma immaginate solo per un istante se una persona contaggiata dovesse riuscire -durante le tre settimane di incubazione del virus- a prepararsi per imbarcarsi verso l’Europa.
Nelle disastrose condizioni igieniche dei viaggi in barche sovraffollate e dei CIE (Lampedusa), la bomba potrebbe innescarsi ed esplodere….
I media parlano e parleranno sempre solo di quello che gli pare…… la realtà è tutt’altro da quella che ci vogliono far credere…..
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c’è un aspetto che fino ad ora non ha reso ebola un virus (troppo) meritevole di attenzione da parte dell’oms: non ha causato epidemie su larga scala proprio perché è, come dire, “troppo virulento”. causa la morte dell’organismo che ha infettato in un tempo troppo breve per rendere efficace la trasmissione e nuove infezioni. il rischio di cui parli è strettamente associato al rischio di mutazione del virus in direzione di una forma meno virulenta dal punto di vista della percentuale di letalità ma conseguentemente più efficace nella trasmissione.
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Boh, io riporto informazioni che ho trovato altrove… magari mi correggerai se son sbagliate: ma un periodo di incubazione di tre settimane potrebbe, teoricamente, consentirgli di viaggiare abbastanza, no?
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sì, ma – posto che di ebola si sa ancora piuttosto poco – un’incubazione lunga non è necessariamente associata al rischio di epidemia se il virus non si trasemette durante l’incubazione (ebola non si trasmette durante l’incubazione, molto probabilmente neanche nelle prime fasi di infezione,ma in ogni caso la trasmissione è favorita dalle scarse condizioni igieniche in cui purtroppo opera il personale sanitario). il potenziale epidemiologico è basso quando il tasso di letalità e il decesso è molto rapido, perché il virus non fa in tempo a trasmettersi in maniera “efficiente”.
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Ok, scientificamente parlando hai ragione e non lo contesto.
Quello che volevo evidenziare è che non è impossibile che un individuo apparentemente sano arrivi sino alle coste del Mediterraneo e si imbarchi per poi mostrare i primi sintomi già in mare o solo quando sbarcato in un CIE.
Con questo, volevo appunto sottolineare il paradosso che le nostre strutture di ricezione di migranti sarebbero un perfetto focolaio….
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ah beh, su quello non ci piove… se è per questo, lo sono già per altre cose (un focolaio, intendo)
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good news: http://www.repubblica.it/solidarieta/emergenza/2014/04/08/news/ebola_in_guinea_gi_100_morti_e_scatta_l_allarme_in_cinque_aeroporti_europei-83092052/?ref=twhr&utm_source=dlvr.it&utm_medium=twitter
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Sì, concordo: dobbiamo parlarne perchè con tutti i flussi immigratori che stiamo “subendo” per le nostre politiche sociali scriteriate, l’ebola è un rischio più che tangibile.
Bel post, ciaoooo 🙂
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Quali sarebbero le politiche sociali scriteriate?
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Ho sempre pensato, da ignorante, che le epidemie rimangano uno dei micidiali modi con cui madre natura fa sentire la sua voce all’uomo. Se dovessi immaginare la fine del genere umano me la immagino sotto questa forma.
Poi è vergognoso come ciò che avviene nel continente africano sia del tutto indifferente al mondo occidentale.
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