Voglio bene agli stupidi

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Voglio bene agli stupidi,
ai fragili, ai malati,
voglio bene agli incerti, ai rifiutati,
a quelli che non sono
cibo per automobili,
voglio bene agli sporchi, amo gli ignobili,
i truffatori, i ladri, i tagliagole:
non saranno i migliori,
però mi tranquillizza
quell’onestà che paralizza i cuori
di chi non ha altra scelta.
Di chi sa già che la prossima volta
sarà la stessa cosa.
Di chi, quando gli capita
di stringere una rosa, non ha tempo,
non ha risorse, per sondare il caso
di una scelta di campo.
E voglio bene a chi quando sorride
sorride per davvero,
e lo fa con fatica, perché gioca
il sorriso come eccezione al nero.
E voglio bene a chi non spaccia merda
per vino, ma per merda, merda vera,
a chi non scrive fiabe a primavera,
a chi, quando si vende, vende carne
e non parole, a chi non dice mai
“innovazione”, “verità”, “progresso”,
a chi non è ottimista,
a chi non fa retorica
di pomeriggi al sole, a chi non vuole,
ma vive, perché è al mondo, e gli è toccato.
Amo chi si è scottato, chi si porta
in giro i propri peli,
i propri occhi stanchi, senza farne
retorica di temporali e guerre
e lampi. Amo chi giudica
in base a un mal di testa
e non si inventa false perfezioni,
per misurare il cazzo
alle consolazioni altrui, alle proprie.
E amo chi non dice
che gli fa male il mondo
quando nel fianco non ha che la spina
di un giorno o un mese o un anno
che fanno male solamente a lui.
Ti amo se non sai
dove sarai domani, ma sei pronto
a dire che vorresti essere altrove,
in un luogo preciso,
e che ci proverai,
e, se cadrai, che non cadrai arreso.
Ma la cattiva strada
la si percorre a piedi,
col cellulare spento, senza uscite
di sicurezza. Se ti tieni in banca
altra salvezza, e fingi,
allora non cercarmi quando piangi,
puoi conquistare i venti di ogni terra,
ma a me non interessa, a me non vale:
puoi amare cento corpi e cento cieli,
io penserò che li hai amati male.