Pulp! – Bleachedgirl – Epilepsy

Pulisci pure questo cicciona di merda.
La cicciona che serve alla mensa ha del trucco di troppo. E fa una smorfia continua con la lingua, come a inumidirsi le labbra ma decisamente meno sexy. Come a prenderti per il culo ma da vera professionista, ché quello è cibo che lo guardi e ti viene tutto tranne che da sbavicchiare o inumidirti le labbra o avvitarti l’indice nella guancia, capisci?
E invece lei è lì a indugiare con la stramaledetta lingua, e ogni tanto vedi scoppiare minuscole bollicine di saliva.
“Costoletta di maiale -smorfiaconlalingua- o salsiccia e purè?”
“Costoletta, grazie.” E faccio scivolare il mio vassoio un po’ più avanti, direzione cassa.
“Uhhh, cos’abbiamo qui, maiale?”
Quello nel mio piatto o quello in carne e ossa che mi sta parlando adesso?
“Già, ho la convenzione.”
“Buon appetito bello, puoi passare”.
E che fastidio quando mi dicono bello così a caso, le parole andrebbero sempre pesate.
Laura mi ha conservato un posto di fronte a lei, mi ci siedo.
“Costoletta?”
Perché cazzo la gente parla con la bocca piena, perché?
“Già.”
E prendo il pacchetto di Marlboro rosse dalla tasca del giubbino. “Tieni, io ho smesso di fumare.”
“E da quando?”
“Da adesso.”
“E come mai?”
“Perché non è possibile che io debba fumare dieci di quelle per sopportarti mezza giornata””
L’idiota sghignazza. “E allora come farai?”
“Non farò in nessun modo, non ne avrò bisogno perché ci lasciamo. Adesso.”
L’idiota ha cambiato faccia, oh, adesso mi guarda con aria di sfida.
E hai deciso tutto da solo? Non ti sembra il caso di parlarne?” Alza la voce, il gruppo di tre studentelli accanto si mettono in ascolto.
Vero, certe cose si decidono in due. Tipo mettersi insieme o scopare. Lasciarsi no, per quello basta uno.”
“Mi dici almeno perché?”
“Oh, mondo ossessionato dai perché. Conosci la storia del piccolo Hans? Ora te la racconto. C’era una volta il piccolo Hans che aveva la fobia dei cavalli, andò da mister barba bianca a fare della fantastica psicanalisi e, sai cosa venne fuori? Che voleva trombarsi sua madre e odiava suo padre. E per un meraviglioso meccanismo chiamato “spostamento” aveva trasferito queste terribili pulsioni sui cavalli, sicché odiandoli ed evitandoli il bambino ritrovava il suo equilibrio.”
“E quindi?”
“E quindi mister barba bianca disse a un bambino di cinque anni che la sua fobia per i cavalli celava nient’altro che l’istinto di fare fuori il papà. E questo fu peggio, molto peggio della fobia per i cavalli. Tutti possono tollerare una fobia per i cavalli, basta non lavorare in un cazzo di maneggio. Ma chi può tollerare d’essere un potenziale assassino? Non mi stupirei se alla fine dei giochi il piccolo Hans avesse ucciso il padre per davvero. ”
“Non ti seguo, quello che siamo non cambia certo dopo una seduta di psicanalisi”.
“Cambia, invece. Certe scatole dovrebbero restare chiuse: ne possono venir fuori idee deliranti. Sai, all’inizio sono egodistoniche, ma alla lunga finiscono per essere riconosciute come proprie. E se martellano troppo finiamo per assecondarle.”
“E quindi?”
“Quindi trovo che sia inutile ed immorale spiegare il perché. Dal momento che non c’è nulla che tu possa fare per cambiare le carte in tavola. I perché fanno male, Laura. Ti farebbero male. Perché sono qui? Me lo sai dire Laura? Iniziamo da questo, se vuoi.”
“Posso sempre bucarti la guancia con una forchetta, se non la smetti di dire queste cazzate!”
Adesso è isterica e ride, tutta rossa in viso, ma di tanto in tanto mi fulmina con lo sguardo. Intanto il gruppetto di senzapalle continua ad ascoltare di gusto, girandosi dall’altro lato appena li guardo io. Odio quando i cazzi miei diventano cazzi pubblici. Sennò facevo il porno attore invece che il poeta epilettico.
“E dai ragazzi, non mi guardate così. Sono un ragazzo romantico! Credo nell’anima gemella, ma sostengo fortemente che la mia sia morta in un incidente stradale.”
Non dicono nulla.
Arriva la cicciona a pulire il tavolo. Lo straccio fa schifo, è sporco, più sporco di lei, più sporco del tavolo. Massì mettiamo un’altra pezza, mettiamo un’altra pezza schifosa su questa falla che sanguina, che sanguina sulla cicciona, sul mio pigiama azzurro. Il pigiama, gli studenti, la clinica, la cicciona,  tutti complici in un cerchio di sangue che gira.
Il mio braccio si solleva, la mia faccia ruota verso il braccio, gli occhi pure ed è blackout.

Io non vedo più nulla ma Laura sì. Lei si ricorda. Di come ha approfittato del momento per ficcarmi un’oliva nera in bocca e spingerla giù in trachea con due dita. Di come ho smesso di respirare, di come questo sia piuttosto normale in una crisi, di come sotto la mia faccia si fosse formata una piccola pozza di bava. Laura dolcemente mi ha preso per il capo e mi ha lasciato morire tra le sue braccia.
Poi si è pulita le mani su una fetta di pane e ha bisbigliato all’orecchio dello studentello: “Sudden unexpected death in epilepsy. SUDEP. Da possibile depressione respiratoria postcritica. Così verrà scritto.”
Lui le ha fatto un occhiolino. Si sono allontanati.
Avevo un bel po’ di urina in vescica, pare. Adesso pulisci pure questo cicciona di merda.