La famiglia – Duello Intesomale / Bleachedgirl

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INTESOMALE
Non lo so, amore mio. Forse la retorica della famiglia come luogo in cui l’individuo si seppellisce e smette di essere libero è troppo facile… forse la Strada di Giorgio Gaber è una montagna di banalità che dobbiamo cercare di superare. Me ne rendo conto, davvero. E ti giuro che se mai ho visto negli occhi e sulla pelle di qualcuno la possibilità, la speranza di poter costruire qualche cosa di bello, qualche cosa che contraddica l’opposizione fra libertà e responsabilità… beh, quegli occhi e quella pelle sono i tuoi.

E poi certo, sarebbe una rivoluzione. Riuscire, sarebbe una rivoluzione. Pensare di svegliarmi ogni mattina e ogni mattina scegliere te, la nostra vita, la nostra casa, non per forza e non per abitudine, ma per esito di un desiderio sincero e sempre uguale… ecco, tutto questo sarebbe forse la più grande vittoria. Mi permetterebbe di essere un uomo, un compagno, un padre allo stesso tempo, di volere dei ruoli, mentre finora non ho fatto altro che scappare dal ruolo di figlio, con tutte le forze che avevo.

Ma lo sai che cosa mi ha detto mio padre, due mesi fa? Eravamo in un autogrill, e io gli parlavo del mio timore di non essere capace di avere una vita di coppia… gli stavo dicendo che lui, invece, alla mia età era già padre da due anni, e che gli invidiavo la capacità di costruire, di darsi… lui mi ha fermato e mi ha detto: Ti sbagli, non si tratta di capacità e nemmeno di coraggio. Io ho passato la mia vita a pensare che ci sono cose che si devono fare, e il risultato è che non ho vissuto. Poi mamma ci ha raggiunti, tornata dal bagno, e abbiamo finto di parlare d’altro. Quella sera, al parcheggio, lui mi si è avvicinato di nuovo e mi ha detto: Guarda che non mi riferivo a te, eh, avere avuto te è stata una cosa bellissima e… e a quel punto l’ho interrotto io e gli ho spiegato che onestamente il discorso non mi interessava. Perché era la sua vita, non la mia.

Trentotto anni di matrimonio. Trentotto anni un po’ di amore e un po’ no. Un’amante che si è fatto beccare, altre di cui non so nulla e nulla voglio sapere. Ma sai, non è questo che mi turba, non è questo che mi fa pensare. Il problema è che io una famiglia felice non l’ho mai vista. Mai. Tutte quelle che conosco sono disastrate, composte da persone frustrate e angosciate dalla fretta di dissimulare l’eterno ritorno dell’identico celebrando l’invecchiamento dei tessuti con vacanze originali… e per la nostra generazione sarà pure peggio. Perché oggi i confini della falsa felicità domestica sono diventati sempre più sottili, sempre più di facciata… abbiamo fatto una dozzina di rivoluzioni sessuali, sentimentali e culturali tutte uguali, tutte per venire incontro a un’unica, identica esigenza: l’evasione dalle proprie sporche case. Possibilmente un’evasione smorzata e part-time, per non perdere proprio tutto… i figli, ah, ti cambiano la vita. Sì, te la cambiano, certo, però non cambiano te, è inutile dire il contrario. Ti espandono, ti aggiungono qualcosa, ma vuoi un elenco di persone che ho conosciuto che mi hanno raccontato di come si sono sentite private della loro libertà, di come se la riprendono di nascosto, quasi tradissero proprio i figli prima del partner, e poi li usassero come bandiera di qualcosa di immutabile, per non prendersi la responsabilità delle moltitudini di desiderio, paura e frustrazione che non hanno il coraggio di affrontare?

Io quelli che dicono: amo la mia famiglia, non so perché mi faccio spompinare dalla collega, non li disprezzo mica perché tradiscono gli affetti. Li disprezzo perché tradiscono se stessi, non hanno il coraggio della propria verità e si nascondono dietro il dovere di conservare, di difendere ciò che in fondo neppure loro rispettano. E se ci sposiamo, se facciamo dei bambini e un domani ti trovo a letto coll’idraulico, io non mi incazzerò perché mi avrai tradito, ma perché ci saremo intestarditi a cercare una felicità che non esiste e a renderci infelici l’un l’altra, in anni che sono una cosa troppo grande per battezzarli con promesse di colazione e cena, in anni che avremmo dovuto aspettare di vedere, prima di decidere insieme per un futuro che è la somma imperfetta di due futuri differenti.

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BLEACHEDGIRL
Ma io sono stanca di te che mi passi a prendere dopo cena e mi riaccompagni prima dell’alba, sono stanca dell’amore nei weekend, di dividerti con la tua famiglia, i tuoi amici e i tuoi colleghi.

Sono stanca delle telefonate a letto a farci resoconti sempre meno dettagliati e più distratti delle nostre giornate, sono stanca di sudarti addosso nei sessanta minuti di una pausa pranzo più fortunata di altre. Sono stanca di sentirmi ancora la tua ragazza del liceo, con qualche ruga in più.
Mi manca il tempo, un tempo infinito a disposizione. La certezza di riuscire a vedere insieme tutti i film che abbiamo comprato da blockbuster con gli sconti.

Non è per sentirmi al sicuro che voglio stare in un guscio di noce con te. Per certi fantasmi non ci sono gusci abbastanza impenetrabili, per certi incubi non ci sono abbracci che reggano.
E non è per orgoglio, non è per urlare a tutti i cinici che sono dei disillusi e che noi, noi sì, ce l’abbiamo fatta.
Non è per scappare da mia madre che vorrei mi vedessi le crosticine ai lati della bocca al risveglio o gli occhi all’ingiù quando sono stanca, il broncio quando brucio i sofficini, l’entusiasmo mentre ritinteggio il salotto di un rosa pesca che non ti piacerà mai.
Non è per un’ostinazione o per capriccio che vorrei svegliarti con la mia bocca sotto le lenzuola e farti andare a lavoro con le pieghe sulla camicia stirata male e il tuo sorriso migliore. E tutti a chiedersi che cazzo avrai da sorridere il lunedì mattina. Non è per l’età che avanza, se sogno vacanze estive da marito e moglie, magari in un posto chic. Perché poi, lo sai, tornerò ad essere la ragazza del liceo che dorme con te nella vecchia punto una notte in cui siamo troppo sbronzi o troppo stanchi per guidare e troppo squattrinati e troppo disorganizzati per prenotare un albergo.
Non è per colpa della Disney se ti imbocco parole di marzapane e intesso futuri per tutti e due, senza chiedere il permesso. Io manco l’ho mai avuto un videoregistratore, i sonetti di Shakespeare mi fanno venire l’orticaria e Neruda non l’ho mai tollerato.

Ma penso che lo devo a me stessa, lo dobbiamo a noi. Una cosa col nostro nome sopra, una casa col nostro nome sopra, una lavatrice nostra su cui spogliarmi la sera, un album di foto che ci ritragga senza più piercing e magliette improbabili. Una porta e un campanello che tagli il mondo fuori.
E non è perché non ho il coraggio d’essere vigliacca, che voglio tutto questo.
Gli altri possono fallire, possono mentire, possono dormire su giacigli di ipocrisia. Non sarà il fallimento del matrimonio dei miei o la serenità fasulla di quello dei tuoi, a farmi desistere dal coniugare verbi al futuro. Non dirò mai che gli uomini sono esseri mutevoli per pararmi il culo, quando avrò paura di fare una promessa.

Le promesse, amore mio, non mi hanno mai fatto paura. Mi hai insegnato tu che vale più formularle con un’intenzione sincera che mantenerle a tutti i costi.
Per questo non ti chiederò di cambiare la lampadina fulminata, e sarò la tua donna e il tuo uomo, sarò madre e figlia, sorella o amica. E tu sarai di volta in volta quel che vorrai essere per me. Senza criteri, senza geometrie, senza bugie.
Saranno parole e silenzi, abbracci e distanze. Saranno passi giusti e passi falsi, sarà quello che deve essere. E non barerò, non metterò nei sorrisi più denti del dovuto e non ti dirò ti amo nei giorni in cui ti odio o solo perché è Natale o perché guarda si sta posando la neve. Un giorno preparerò la torta di mele e il giorno dopo ordinerò pizza e fritti a domicilio. Comprerò un vino bianco costoso per la cena, oppure mi ammazzerò di birra da discount a letto. Metterò da parte i soldi per un frullatore nuovo, oppure me li giocherò tutti a texas hold’em. Forse saremo abbastanza imprudenti da mettere al mondo un figlio o forse no, forse metterò le autoreggenti sotto il pigiama di pile con gli orsacchiotti. E ti lascerò anche dormire di spalle. E qualche volta sarò io a scappare nella casa sull’albero, in giardino. E posizionerò un’uscita d’emergenza per ogni camera di questa vita insieme.

Sarò sempre io, intatta al centro della matrioska. Dentro la donna in carriera che è dentro la madre che è dentro l’amante, anche mentre giocherò alla tua console o rammenderò un calzino.
Non ti prometto un viaggio di sola andata, i furono felici e contenti li lascio a chi crede nelle favole. Io no, io credo in noi. Io ti prometto che ci proverò a prendermi cura, prima di tutto, delle nostre felicità.