Dei delitti e delle piene (carceri)- Redpoz: ma quale amnistia! (pillole di giustizia)
Il Presidente della Repubblica Napolitano è tornato pochi giorni fa sul problema del sovraffollamento delle carceri italiane. Sovraffollamento di circa 20.000 persone su una capienza massima (molto teorica, come dimostriamo ogni giorno) di 40.000 detenuti. Sovraffolamento per il quale la Corte dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo (CEDU) ci ha nuovamente condannato a risarcire tre ex detenuti con 100.000 Euro.
Bene, di fronte a questo vero scandalo umanitario, Napolitano ha inviato un messaggio al Parlamento invitandolo a prendere misure urgenti e strutturali per risolvere la questione.
Fra queste misure, quella che ovviamente ha catturato maggiormente l’attenzione polemica di politica (Grillo, Renzi) ed informazione è la proposta di un’aministia od indulto. Il secondo in seguito a quello del 2006, che dopo aver alleviato temporaneamente la situazione, si dimostra oggi totalmente inefficace.
In realtà occorre dire un’altra cosa su quell’indulto: per lo Stato, fu un bel risparmio. Risparmio di milioni, tutti recuperati in finanziaria.
Che Napolitano pensi oggi la stessa cosa? Forse no, ma di certo qualcuno gliel’avrà fatto notare.
Bene, a noi ora: personalmente, sono del tutto contrario ad ogni forma di amnistia od indulto.
Immagino le voci scandalizzate…
Preciso dunque tre cose, preliminari: 1) il problema non riguarda, come teme Grillo -che evidentemente non altro di cui parlare- Berlusconi e la sua condanna (mai è successo in passato che un reato simile fosse amnistiato e mai nessuno vorrebbe assumersi una responsabilità tale); 2) il problema non riguarda neanche come ritiene Renzi il consenso elettorale; dulcis in fundo 3) sono ben conscio della tragedia delle nostre carceri e sono convinto che debba essere trovata una soluzione umana.
Soluzione che non può essere nella costruzione di nuove carceri: è troppo costoso, è inutile, è ingestibile ed è una folle distorsione della realtà sociale. Anche se costruissimo abbastanza carceri da avere -chessò- 10.000 posti liberi dopo aver normalizzato la situazione (quindi per un totale di circa 30.000 nuovi posti), in poco tempo occuperemo anche questi. Continuando con un simile processo, arriveremo al modello degli Stati Uniti, dove la popolazione carceraria (qui i dati) influisce addirittura sulle statistiche di disoccupazione (se i detenuti fossero liberi, infatti, sarebbero disoccupati…).
Sono contrario ad amnistia ed indulto perché sono soluzioni temporanee, che in breve tempo diventerebbero inutili e perché -cosa, a mio avviso, ancor più grave- trasmettono un messaggio di tolleranza velata rispetto al crimine.
Inutile, perché l’amnistia è applicata solo al passato, recita l’art. 151 C.P.: “L’estinzione del reato per effetto dell’amnistia è limitata ai reati commessi a tutto il giorno precedente la data del decreto“. Insomma, avrebbero un impatto limitato solo ai crimini pregressi, senza poter incidere sulle cause del sovraffollamento carcerario. Cause che sono da cercare “altrove”.
Dannosa perché le amnistie dalla fine della Seconda Guerra Mondiale in Italia sono state tantissime, per le più svariate occasioni e la logica conseguenza è stata quella di generare nei cittadini un’ “aspettativa” nella concessione di questi strumenti, straordinari, di clemenza. Ovvero, di trasmettere il messaggio che delinquere non è grave, tanto poi interviene la clemenza. Ciò vale anche quando si introducano limitazioni all’amnistia o indulto: il messaggio, specie mediatico, rimane.
(Il che, tuttavia, non vuol dire che in alcuni casi i provvedimenti di gravia non fossero necessari).
Inoltre, esistono anche soluzioni alternative alla drastica misura dell’estinzione del reato: soluzioni come la dentenzione domiciliare, l’affidamento in prova ai servizi sociali e la sospensione della pena che andrebbero favorite e non comportano lo svantaggio né di esser limitate al passato, né di dare ai rei l’occasione di “farla franca” senza scontare una pena.
Ciò detto, mi pare chiaro che condivido l’esigenza impellente di risolvere il problema umanitario delle carceri in Italia.
Il problema è come farlo.
La soluzione a mio avviso deve essere strutturale, ovvero andare a modificare il perché si entra in carcere.
Tre gli strumenti principe per incidere sulla questione: 1) depenalizzazione; 2) strumenti alternativi alla detenzione; 3) efficacia della pena, ovvero risocializzazione.
Il terzo di questi, la risocializzazione (art. 27 Cost.) implica la messa in atto di una serie di iniziative mentre i condannati scontano la pena per consentire loro di apprendere tanto il rispetto dell’ordinamento giuridico (non voler delinquere), quando offrirgli strumenti alternativi per procurarsi i beni neccessari alla vita (un’infinità di crimini sono infatti commessi per ragioni di povertà: non dover delinquere). Queste iniziative possono essere variegate, quindi per ora le omettiamo.
Il secondo punto, sul complesso sistema di sanzioni alternative (probation) già esiste nel nostro sistema penale, ma è frammentato in base all’entità della pena e con sistemi di applicazione spesso lunghi e complessi. Una sua revisione si deve inserire all’interno di una più ampia riforma tanto del Codice Penale, quanto del Codice di Procedura Penale.
Infine, la prima, più semplice ed immediata soluzione è quella di depenalizzare.
D E P E N A L I Z Z A R E, ovvero: rendere lecito qualcosa che fino ad oggi è illecito, è reato. Questa è la soluzione che prediligo.
Il nostro Codice Penale, purtroppo, risale al lontanto 1942 e risente di svariati “acciacchi” dettati sia dall’età ormai avanzata, sia dall’ispirazione di chiara impronta fascista.
Solo ad esempio: le sanzioni detentive (carcere, appunto) per i delitti contro la proprietà sono spropositati rispetto agli altri codici europei. Inoltre, fra C.P. ed altre leggi si prevedono svariati reati di dubbia (=nessuna) utilità per garantire la sicurezza sociale. Esempio più semplice? Possesso di modica quantità di droghe: è ormai stato ampiamente provato (da ultimo, in Portogallo) che depenalizzare l’uso di droghe in modica quantità (magari sostituendo la sanzione penale con incontri socio-terapeutici) riduce enormemente il numero di reati. Inoltre, i reati per droga sono molto spesso commessi da categorie sociali disagiate (in USA: neri; in Italia: immigrati).
Questo è solo l’esempio più lampante, ma esistono svariati altri comportamenti “tollerati ma disapprovati” che potrebbero legittimamente non essere più sottoposti al controllo criminale dello Stato (aiuto al suicidio, ad esempio).
In virtù del principio di irretroattività della legge penale, l’effetto “liberatorio” (o, volgarizzando, “svuotacarceri”) è identico a quello di un’amnistia: un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2 C.P. recita: “Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali” ed impone dunque di applicare retroattivamente una legge penale favorevole (il famoso favor rei).
bene, mi piace soprattutto il chiarimento finale.
fionora, da non esperto, ritenevo che, oltre alla depenalizzazione per il futuro servisse anche una amnistia per il passato per i reati depenalizzati, o meglio, non credo si possa dire, decarcerizzati…, se la depenalizzazione consiste nel trasformare illeciti penali in illeciti amministrativi.
ma attraverso quali passaggi avviene in questo caso la liberazione dal carcere?
e, naturalmente, dobbiamo riflettere bene su quali comportamenti debbano essere totalmente depenalizzati; va bene, ad esempio, per l’immigrazione clandestina, credo che andrebbe bene anche per lo spaccio di droghe leggere, ma non per quello di droghe pesanti, ecc…
aggiungo, non per te ma per chi eventualmente ci leggesse, che sono TOTALMENTE d’accordo con queste valutazioni complessive e che le sostengo in questi giorni anche sul mio blog; ma forse avrei dovuto dirlo all’inizio…
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I passaggi esattamente non li so, credo dipenda tutto da istanza di parte. Quindi, il difensore (o il condannato, non di rado è possibile farlo personalmente) presenterà una richiesta al tribunale di sorveglianza che decreterà l’applicazione dell’amnistia/indulto e l’eventuale rilascio anticipato.
Idem vale il caso di depenalizzazione.
Certamente si tratta di comprendere cosa depenalizzare, ma qui entriamo in tema di politica penale: intanto sarebbe opportuno avere delle statistiche aggiornate sulla popolazione carceraria. Personalmente, poi, ho menzionato alcuni reati “senza vittima” come l’istigazione al suicidio.
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a ridurre gli effetti diseducativi, basterebbe stabilire che chi ha usufruito già, a qualunque titolo dell’indulto 2006, non può beneficiare dell’amnistia 2013 (se ci sarà): mi pare il minimo.
scusa, però non capisco e adesso mi pari in contraddizione con quello che scrivevi nel post o almeno da quello che ne avevo capito io (del resto, se non sai i passaggi tu!): qui pare che la depenalizzazione non produca i suoi effetti automaticamente, ma che debba essere accompagnata da una specifica e circoscritta pratica legale.
come fai a dire che l’istigazione al sucidio non ha vittima? e il suicidatosi chi è?
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Ma niente in diritto penale (o nel diritto in generale ha effetti “automatici”): anche per l’indulto, se il detenuto era già in carcere serviva un’istanza.
Diverso è il caso di chi è ancora sotto processo, nella cui ipotesi i giudici dovrebbero rilevarlo automaticamente (ma non si rischia: lo si fa comunque presente).
Quanto alla non applicabilità 2006-2013(?): sì, normalmente è uno dei requisiti previsti.
Ma l’effetto diseducativo è un effetto di comunicazione che si estende a tutti i consociati, non solo ai rei già puniti: è un messaggio che lo Stato manda a tutti i cittadini “continuate a confidare in una grazia”, ovvero “delinquere non è poi così grave, tanto poi arriva un perdono di massa”.
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L’amnistia/indulto senza altri provvedimenti strutturali è la solita pezza temporanea. Anche se in piccola percentuale potrebbe avere effetti positivi, se prendiamo per buono il dato sulla recidività degli indultati, decisamente inferiore a quella di chi sconta l’intera pena.
Che un provvedimento del genere possa avere effetti diseducativi dubito, o per meglio dire voglio non crederlo, perché le pene “educative” o peggio “esemplari” sono un concetto che dovrebbe essere rifiutato.
D’altro canto, introdurre la depenalizzazione, come la regolamentazione dell’abuso della custodia preventiva o altre misure più profonde, richiederebbe uno sforzo che purtroppo non vedo realistico, dando ad un amnistia/indulto il solo senso di lavarsi la coscienza e spostare il problema poco più in là. Che peraltro sembra essere la linea guida dell’esecutivo…
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“Decisamente inferiore” la recidiva di chi ha usufruito dell’indulto, non mi risulta. Da quanto so, si aggirava fra il 65-70%, leggermente inferiore al circa 75% generale.
Quanto agli effetti “diseducativi”, temo di essermi espresso male.
Intanto, parlare di “pene esemplari” (c.d. prevenzione generale, ne ho parlato qui: http://discutibili.com/2013/10/14/dei-delitti-e-delle-piene-carceri-il-duello-ovvero-teorie-redpoz-e-storie-adp-da-galera/) non è corretto, perché qui si tratta di pene commutate al caso singolo, per il caso singolo e non come “esempio” per tutti gli altri.
L’effetto diseducativo, come ho cercato di spiegare, deriva dal fatto che la popolazione riceve il messaggio che le pene non sono -pienamente- eseguite e con la ripetizione di questo messaggio si ingenera l’idea e la speranza che anche in futuro non lo saranno. Ovvero, che si potrà “farla franca” con una pena comunque minore di quella prevista.
Infine, paradossalmente, ad oggi depenalizzare sarebbe molto più facile che approvare un indulto: l’abrogazione di un reato potrebbe esser fatta con legge ordinaria anche domani, mentre per amnistia ed indulto servono maggioranze qualificate (2/3)…
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Io avevo letto di un 68 contro 34 (ho ricontrollato chiaramente, qui), ad ogni modo sono dati piuttosto difficili da determinare, oltre che opinabili. Sta di fatto che quel mostruoso aumento della criminalità post-2006 era evidentemente una bufala maliziosa, eppure l’italianomedio vive con quel terribile ricordo.
Ho volutamente esagerato, l’amnistia/indulto sarebbe un’anomalia che diventerebbe per molti una scappatoia, come lo sono altre anomalie, a partire dalla durata biblica dei processi con il conseguente ricorso alla ricerca della prescrizione in luogo dell’assoluzione nel merito. Purtroppo la discussione, in Parlamento come al bar, a differenza di qui è puramente ideologica o di convenienza politica. Non oso immaginare cosa potrebbe succedere di fronte a una proposta di depenalizzazione -che peraltro condivido pienamente- con conseguente dibattito pluriennale.
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Quel “mostruoso aumento della criminalità” non c’è mai stato.
Come ho citato (o citerò, non ricordo bene in che post è…) dal rapporto dell’Osservatorio Europeo per la Sicurezza emerge chiaramente che è stato oscenamento montato -anche per fini elettorali- sulle TV nazionali.
Su questo concordiamo.
Sulla depenalizzazione, e riforma del codice penale, basterà ricordare quanto diceva il mio prof di diritto penale: ogni governo degli ultimi vent’anni ha avviato una commissione studio in materia. Nessuno ha ripreso il lavoro dei precedenti, eppure in tutti gli altri paesi (Francia, Germania, Spagna) che negli ultimi anni l’hanno riformato, è stato un lavoro iniziato sotto un governo e terminato sotto un altro….
Grazie dei commenti!
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Quando presentai la mia tesina d’esame (la bella tesina di maturità) intitolata ” le carceri, tra cella ed uomo”, suscitai l’ilarità di un commissario esterno che, tra le altre cose, era anche un giurista. Quest’ultimo sosteneva che il problema non sussisteva, che era tutta un’invenzione mediatica, che la politica giocava con i numeri. Ancora oggi si nega l’essenza del problema che è insito stesso nell’idea di carcere, pena, detenzione e reclusione: tutto ruota attorno ad un errore concettuale. Le forme punitive, non hanno mai portato da nessuna parte. Leggere Foucault può essere illuminante sotto quest’aspetto. Basti poi analizzare le forme alternative di “condanna” attuate in altri paesi, oppure in regioni “virtuose”, per rendersi conto che non è necessario l’ampliamento degli istituti (ma solo un adeguamento in termini di sicurezza e condizioni di vivibilità). L’unica amnistia sensata avvenne nel 1837 da parte degli Inglesi che spedirono i galeotti a lavorare e produrre in quella che oggi è una delle frontiere del mondo occidentale: l’Australia. Noi dove li rimandiamo? Per strada? Come catturare il topo per poi rigettarlo nelle fogne.
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