La leggerezza
Qualche anno fa ero uso trovarmi in auto tra le 8,30 e le 9 del mattino, ed ero un fedele ascoltatore di Golem. In realtà non è qualche anno, ne sono undici per l’esattezza, ché doveva essere il 2002, probabilmente. Golem era una trasmissione cult di Radio 1 Rai, che parlava di televisione ma anche di costume. Era condotta da Gianluca Nicoletti, che riempiva la trasmissione di acume e genialità. Ricordo la sua stigmatizzazione del “caso umano”, figura che iniziava ad affacciarsi nelle trasmissioni televisive di allora. Si trattava del poveraccio di turno chiamato a raccontare la sua storia con l’obiettivo di impietosire il “pubblico a casa”. Nicoletti ne fece un’esegesi memorabile. So che esegesi non è il termine appropriato, lo uso perché una delle caratteristiche di Nicoletti e di Golem era quella di trattare i mezzi di comunicazione moderni alla stregua di testi, e di qui l’estensione del termine.
Nicoletti poi è andato via dalla Rai, nel 2004, e non ne ho più avuto notizie sino a qualche sera fa, dove l’ho trovato a “In onda”, trasmissione di La7 post-telegiornale. Non ho particolare simpatia per Telese, che la conduce, lo trovo un po’ troppo radical-chic per i miei gusti, ma sicuramente riesce ad avere ospiti interessanti e la trasmissione è piacevole da seguire. Sta di fatto che la sera del 14 agosto ho ritrovato Nicoletti a In Onda, insieme con Paola Natalicchio, giornalista. I due sono accomunati dai problemi relativi ai figli. La Natalicchio ha un figlio cui fu diagnosticato un cancro a circa un anno di età, Nicoletti ha un figlio autistico.
E veniamo al cuore del discorso, che dà il titolo al post. La leggerezza. È stupefacente sentir parlare Nicoletti con tanta naturalezza di problemi che devasterebbero un monaco tibetano. Uno su tutti: cosa succederà dopo che il padre non ci sarà più, con annessa l’urgenza di provvedere in tempi ragionevolmente brevi a trovare una soluzione, tempi dettati dall’età non acerba di Nicoletti. Ma questa è una specie di punta dell’iceberg, perché la quotidianità è essa stessa un problema costante. Spiegava Nicoletti che il figlio è istintivo come un bimbo piccolo, solo che è fisicamente un adolescente irsuto. Le finestre di casa sono blindate, ad evitare che il ragazzo voli fuori tentando di emulare Peter Pan. E l’inconsapevolezza di questa fisicità, che ha comportato una costola rotta della mamma per una spintarella appena più forte. Ma su tutto questo, la comunione profonda di momenti padre-figlio, la scoperta della paternità come accudimento di qualcuno in stato di necessità, l’amore immenso che traboccava dalle parole, nonostante l’intermediazione del mezzo televisivo. Il tutto condito, per ammissione stessa di Nicoletti, con l’ingrediente fondamentale, la leggerezza.
Il tema della leggerezza mi è particolarmente caro, dico sempre che la leggerezza è da intendersi come era costume presso gli antichi Egizi. Il dio Anubi aveva il compito di pesare il cuore, simboleggiante l’anima dei defunti, prima di dare o negare il via libera verso il regno dei morti. E il via libera era concesso solo se l’anima risultava più leggera di una piuma.
Diceva Nicoletti che con l’esperienza di vita quotidiana che porta avanti ha imparato a prendere le distanze dalle beghe che di norma ci crucciano come se fossero questioni di vitale importanza, gestendole con grande leggerezza. Che non significa disattenzione, torno a dire. Ma significa distacco sereno, una distanza emotiva sufficiente a trattare le contrarietà di tutti i giorni come tali, e non come problemi orrendi. E mi riferisco a qualunque cosa sia un apparente turbamento. Lo dico a me stesso per primo, cercando di concentrarmi su quello che ho più che su quello che non ho, su quello che va bene piuttosto che su quello che non va bene. Può apparire un discorso qualunquista e facilone, ma non è così. Il punto è che per me è molto difficile allargare la prospettiva. E allora spesso mi capita di abbattermi o di vivere male delle cose che sono assolutamente gestibili. Un po’ come il discorso della #pg, per capirsi. Ma anche il problema sul lavoro, o il traffico, o la lite familiare. La leggerezza aiuta. Aiuta a farsi scivolare addosso i contrattempi e a vivere meglio. Di nuovo, apprezzando ciò che si ha più che bramando ciò che non si ha. L’uso reiterato del verbo avere non va inteso in senso possessivo, perché si può avere serenità, o amore, o comprensione ed empatia.
Sto cercando di imparare, da qualche anno, a essere leggero, a usare la leggerezza. Come detto non è semplice, ma qualcosina sono riuscito a fare. Nel traffico ero una belva, prendevo delle arrabbiature micidiali per un taglio di strada, o uno “sgarro” qualunque. Chi vive a Roma può capirmi, il traffico è IL PROBLEMA della città, se non si ha la fortuna di abitare nelle vicinanze del posto di lavoro si devono mettere in conto tempi di trasferimento che vanno dalla mezz’ora all’ora e mezza. E a parità di percorso è l’imprevedibilità del tempo che richiederà percorrerlo che risulta devastante, alla lunga. Perché significa non poter programmare nulla, e perdere tantissimo tempo per essere puntuali. Ecco, nel traffico sono più leggero. Non mi arrabbio più. Se prendo lo scooter, fingo di mettermi il mantello di Harry Potter, quello dell’invisibilità, consapevole del fatto che alla maggioranza degli automobilisti gli scooter risultano invisibili. E poi, cerco di prevedere l’imprevedibile. Se qualcuno mette la freccia a destra prendo in considerazione l’ipotesi che giri a sinistra, e via discorrendo. Nulla è scontato, tutto può accadere. Con questo in mente, ci si arrabbia di meno e si campa meglio. Con più leggerezza.
Reblogged this on Serbatoio di pensieri occasionali and commented:
Cerchiamo di essere più leggeri
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L’ha ribloggato su Enchiridione ha commentato:
Un uso saggio della distanza emotiva.
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Riflessione interessantissima….questa della leggerezza.
Penso che ci siano delle persone che ci nascono, leggere. Per altri la vita purtroppo li mette a “dura” prova e quindi gioca forza lo diventono….per altri ancora non c’è rimedio. Possono riuscire per qualche tempo ma poi….è più forte di loro….
Recentemente ho conosciuto una donna che mi ha raccontato la sua vita. Così uno scambio reciproco….ha iniziato lei, evidentemente aveva voglia di buttar fuori…
Sempre con un sorriso, una leggerezza appunto….eppure ciò che diceva mi ha ammutolito.
Non sono riuscita a parlare perchè…ciò che avrei detto sarebbe sembrato ridicolo pure a me.
E lei…lei mi ha stupito. davvero!
Bisogna imparare, ma come si fa?
Hai un mantello in più?
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È un esercizio quotidiano, di distacco emotivo dalla materialità. Non voglio tirarmela, per carità, io non ho alcun titolo per poter insegnare niente a nessuno. Però posso dirti quel che ha funzionato, per me. Correre. Respirare. Scrivere. Leggere. E pensare. Tanto. E cercare di correggere, limare, aggiustare. Pezzetto per pezzetto.
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E’ curioso come ti annusi con le persone le riconosci e gli vuoi bene. Poi nel tempo capisci pure il perché.
Parlo di te.
No perché anche io ascoltavo per lo stesso motivo (auto) Melog.
E Nicoletti.
E mi piaceva un botto come dite voi a Roma.
Per la verità mi piaceva anche il suo modo da figlio di puttana italiano. E’ un fatto acclarato ad esempio (ne parla adesso pure lui vantandosene) che entrò in Rai prendendola per il culo. Scrisse una falsissima lettera di raccomandazione di un cardinale inesistente slacciando lo per lo zio. Quelli abboccarono e lo assunsero immediatamente.
Non si è’ mai capito se fu cacciato dalla Rai quando fu scoperto per quel motivo o per altri non ben chiari. Golem aveva del resto un pubblico ben affezionato e il numero era più che discreto.
Santalmassi al tempo direttore di Radio 24, non essendo un cretino, lo coopto in codesta emittente. Nicoletti ebbe la geniale idea di condurre il programma Melog che altri non è’ che Golem letto al contrario .
Il tono e la formula era più o meno la stessa e lui imponeva agli ascoltatori che lo avevano seguito me compreso di non pronunciare la parola maledetta Golem che portava iella.
Per diversi anni le cose sono continuate ad andare allo stesso modo. Poi la leggerezza “pulita” (termine strano ma spero capirai) diventò o sembrare un po’ farisea. Costruita. Lui aveva pure preso a fare il giro delle TV com comparsate un po’ penose per la verità in cui faceva il guru di se stesso prendendo per il culo con quel tono appunto leggero.
Se ne sono a corti in molti e lui che non è’ scemo ne ha preso persino atto e ha inventato Melog 2.0 dove è’ meno buonista e più sfacciato e permettimi di dire un po’ banalotto. Tritò e ritrito. Con qualche bella idea ogni tanto ma per lo più con un’aria greve da Bagaglino evoluto.
Ho smesso di seguirlo perché lo trovo adesso insopportabile. Se tu vuoi seguirlo però nel palinsesto della scorsa stagione era alle dieci di mattina con replica notturna il prossimo anno non lo so. Di sicuro trovi facili i suoi podcast.
Anche questa cosa del libro scusami la trovo una cosa triste.
Non tanto per il contenuto che rispetto in maniera totale come il dramma sottostante quanto per modi e forme . Magari penserò male però guarda caso esce proprio quando un altro libro sull autismo e’ in vetta alle classifiche parlo di quello edito da Marcos y Marcos, se ti abbracciò non aver paura.
Insomma te ne stai zitto per anni e poi decidi che e’ l ‘ora di parlarne solo quando pensi che si possa far cassa?
Ecco questo tipo di cose a me infastidiscono anche se sono certo che se leggesse questo mio commento Nicoletti troverebbe mille giustificazioni o conoscendolo un pochino si limiterebbe a prendermi per il culo
Rimane sul piatto la questione della leggerezza che mi è’ cara quanto lo è’ a te e che per modi e manifestazioni diverse sento di dover abbracciare forte per diventare una persona migliore.
Per tutto questo mi sei ancora più caro.
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Vabbè. Stamattina avevo inserito un lunghissimo commento ma iOS non è meglio di android, evidentemente. E queste cazzo di app hanno i loro limiti. Anyway.
Innanzitutto sono d’accordissimo con la prima frase, è vero che l’istinto è più forte delle motivazioni, spesso, ed è altrettanto vero che in un numero significativo di casi, se l’istinto è buono, le ragioni si palesano in seguito. Ed è bello scoprirlo.
Detto ciò, anche io di norma sono andreottiano, nel senso che penso male, faccio peccato, ma spesso ci prendo. Detto ciò, esistono dei casi specifici, delle condizioni al contorno (delle quali sempre è necessario tener conto per risolvere l’equazione differenziale) che rendono le situazioni meno odiose. Nello specifico, il dramma umano di Nicoletti mi rende meno antipatico il fatto che sia stata studiata a tavolino un’uscita “strategica” del libro. E sono incline a mostrare più comprensione e benevolenza rispetto ad altre situazioni che non scontano un dramma quotidiano come quello di avere un figlio autistico.
E mi tolgo il cappello davanti a qualcuno che vive la propria vita ricercando la leggerezza dove è possibile, e mi sento un po’ una merda quando mi faccio sopraffare dalle mie piccolissime stronzate quotidiane, ed è per questo che cerco di lavorare e sforzarmi di essere leggero.
E anche tu mi sei molto caro, amico mio.
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Come mi piacerebbe essere “leggera”..anche a me capita troppe volte di incaponirmi su questioni quotidiane per cui la maggior parte delle volte posso fare bene poco. Poi, di tanto in tanto si verificano degli attimi di lucidità in cui mi rendo conto che se ragionassi su quello che ho anzichè su quello che mi sfugge mi accorgerei che sono stata molto fortunata. Di solito si tratta solo di attimi e si ripiomba facilmente nelle proprie menate, eppure basterebbe pensare a come sarebbe diverso semplicemente se fossiamo nati da un’altra parte, che ne so…in Egitto, che non è neppure tanto lontano, probabilmente ora non sarei qui a commentare un blog 😛
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Esattamente. Mi riferisco all’ultima frase. E però (parlo per esperienza vissuta) questo parallelo non riusciamo a tenerlo saldo in testa. Troppi condizionamenti, troppa quotidianità. E allora un “trucco” è quello di focalizzare l’attenzione sulle cose buone invece che sul contrattempo di turno. C’è un proverbio cinese che sintetizza perfettamente questi concetti: “Se c’è soluzione, perché i preoccupi? Se non c’è soluzione, perché ti preoccupi?” Basterebbe applicarlo per essere immediatamente più leggeri. 🙂
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Non potrei essere più d’accordo.
E quando capita un evento che stronca le colonne su cui appoggiavano le nostre certezze allora sì che le cose cambiano, e si impara a guardare tutto il resto da un punto di vista più oggettivo. Almeno un po’.
E sono piena di esempi di gente che invece fa di ogni aggregazione di nuvole una tempesta. Così come essere figli di genitori separati non significa per forza crescere con delle turbe o mancanze d’affetto, insomma.
Ma temo che serva passare per quegli eventi stroncanti per poterlo capire. O essere piuttosto sensibili.
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O rendersi conto che si può cambiare. Una scrittrice americana ha detto “You are, after all, the only person you can change”. Dopo tutto, tu sei l’unica persona che tu puoi cambiare. Serve tanta fatica. Ma si può. Magari non tanto quanto si vorrebbe, magari ogni tanto si ricade nelle vecchie logiche, ma si può. 🙂
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Esattamente! In fondo il cambiamento comporta sempre qualche ricaduta, basta che non sia una di quelle costanti ed esagerate.
Io ho imparato a capire che se non sei tu la prima persona a volerti tirare fuori puoi appoggiarti a chiunque, amici, famiglia e psicologi, ma non inizierà mai il cambiamento.
In ogni caso come mia prima lettura complimenti 🙂
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🙂
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La questione della “Vita dopo di noi” è il tema principale attorno al quale gira tutta l’esistenza assai problematica di chi ha un figlio autistico.
Anni fa in radio intervistai l’autore, un giudice, di un libro su un caso che finì in cronaca. Un padre anziano uccise il figlio autistico nel sonno. Dopo una vita passata recluso con la moglie ad occuparsi di un figlio che crescendo era diventato sempre più ingestibile. Dopo aver avuto la casa, il corpo, e la vita, devastata dalla violenza a cui arrivava quest’uomo durante alcuni suoi attacchi. Dopo aver visto la moglie soccombere e finire in ospedale. Dopo tutti gli anni di lotta solitaria per dare una dignità di vita al figlio. Dopo tutto questo, stanco anziano e ammalato, non ha avuto il coraggio di lasciare il figlio con la certezza di un internamento. Lo ha ucciso, con decisione e amore, nel sonno. Quest’uomo ha avuto un processo, è stato condannato e poi graziato.
Non so se sia ancora vivo.
Le vite di chi ha un ragazzo autistico sono vite da eroi. Conosco una coppia di eroi. Sono i genitori di un compagno di scuola del piccoletto.
Se spingere un libro in cima alle classifiche serve a parlare del problema lo trovo giusto. Se serve in parte a sentirsi risarciti della vita incredibile che si fa lo trovo anche giusto.
Non conosco artista o autore che non sia anche profondamente narciso. E’ molla fondamentale per arrivare a rendere pubblico ciò di che gli altri normalmente sentono nel privato.
La leggerezza mi sembra una delle vie più difficili da percorrere.
E se ne ha prova anche nei commenti che ho letto al tuo post, caro Max.
Con affetto.
e.
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A volte mi domando perché scrivo su un blog. Poi a volte capita un commento come questo. Grazie eli.
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trovo che quest ultimo commento sia stato il più centrato senza offesa per gli altri, ma ci vuole umiltà nell’accettare negli altri ciò che non apprezziamo. detto ciò – scusa max, non potevo farne a meno – adesso ti chiedo: ma leggeri ci si nasce o ci si diventa?
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Secondo me si può diventare leggeri. O meglio. Ci si può alleggerire. È un percorso lungo e faticoso. Ma lavorando molto, qualche risultato si ottiene. E la cifra del risultato la danno gli altri. Se più persone ti dicono che ti trovano “cambiato” allora stai lavorando bene.
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Ti dico anche un’altra cosa. E’ quando si presentano le difficoltà che è necessario ricercare la leggerezza. Che si declina anche come calma e tranquillità. O serenità, se preferisci. Serenità per guardare le cose con il distacco che consente di valutare correttamente i problemi, senza sottovalutarli ma anche senza ingigantirli. Perché è nel momento della difficoltà che serve la freddezza. E la serenità.
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come la mongolfiera. per volare più in alto occorre liberarsi del peso in eccesso. mi è venuto questo in mente.
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Puoi anche sostituire il burro con l’olio d’oliva (scherzo) 😀
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Ahahahahahahah grazie Fra, serviva un po’ di leggerezza! 🙂
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penso che con l’età diventiamo tutti più “leggeri”, per mille motivi e ragioni; a 20 anni è motlo difficile esserlo, o no? poi di storie tristi ed eroiche ne conosciamo tutti, penso che la (s)fortuna centra il bersaglio a casaccio e becca chi becca; alle volte, poi, ci mettiamo del nostro per aumentarne la dose
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Sull’età sono molto d’accordo, anche se conosco persone che nonostante l’età sono ancora pesantissime. Dentro intendo.
Sulla sfortuna, il vero punto è il tipo di reazione. Non sempre si riesce a essere leggeri, davvero. E’ per questo che ammiro chi ci riesce.
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esattamente max.
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vedi Max, il mondo è bello perchè è vario, credo che bisogna riconoscere che l’essere umano, in quanto tale, ha capacità di reazione agli “stimoli” esterni in modo del tutto diverso da individuo ad individuo; non biasimo chi “reagisce” in modo non consono (per i miei parametri) alla (s)fortuna, mi limito a pensare che mi sarei comportato (forse) diversamente; come allo stesso tempo l’essere “leggeri” non agli occhi di tutti può sembrare un atto di “eroismo”, potrebbe anche essere preso come vigliaccheria; il bicchiere, è mezzo pieno o mezzo vuoto, dipende se a guardarlo è uno che è da 10 giorni nel deserto …. Con questo pseudo “qualunquismo” intendo dire che la vera verità non esiste, o meglio esistono tante verità, ciascuna legittima e motivabile, frutto anche di storie vissute del tutto diverse da uno all’altro
concordo però sul fatto che molte volte ad essere leggeri si guadagna in qualità di vita ed in salute, i travasi di bile alla lunga fanno male
ma anche qualche sana incazzatura non è male come valvola di sfogo (almeno per me)
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Ho il massimo rispetto per le opinioni differenti dalle mie. Due punti, voglio però sollevare con te. Ho imparato a dire che non so come reagirei, se capitasse a me. L’ho imparato vedendo persone ammalarsi di cancro e reagire in modi che non avrei mai immaginato. Ho visto mio padre, un combattente di lungo corso, arrendersi supinamente alla malattia, aspettando solo che giungesse la sua ora. Ho visto un coetaneo combattere come un leone, quando aveva sempre avuto atteggiamenti difensivi. Ho imparato che ciascuno reagisce come può. Una cosa è certa, però. La leggerezza, così come la intendo e l’ho descritta in questo post, non è mai vigliaccheria. Richiede molto più coraggio e dedizione che l’incazzatura.
E l’altro punto è sul bicchiere. Il punto non è che lo vedi mezzo pieno o mezzo vuoto in funzione di quanta sete hai. Il punto è il tuo abito mentale. Due persone che hanno entrambe attraversato il deserto potranno avere pensieri opposti. “Dopo tutto questo cammino devo accontentarmi di mezzo bicchiere d’acqua” oppure “finalmente posso bere”. La prima è pesante, la seconda è leggera. La sete è uguale per entrambi, prima di bere. Sono sicuro che non sarà uguale dopo aver bevuto.
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ed allora, con leggerezza, ti dico che secondo me stiamo dicendo le stesse cose, solo con sfumature diverse, ma arriviamo alla stessa conclusione
poi sai, sul bicchiere, in modo semplicistico basta dire che chi s’accontenta gode
ps: ho visto sulla “mia pelle” come ho reagito … ma anche qui le situazioni e le condizioni del momento hanno avuto la loro importanza … ed anche questa è un’altra storia
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è questo il bello di confrontarsi, che alla fine si scopre che i punti di contatto sono molto maggiori di quanto si immaginasse. 🙂
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Eh…la leggerezza…cerco di praticarla più spesso da un pó…a volte riesce,a volte meno…ma comunque l’importante è trovare il (prorio) modo per vivere un pó meglio le piccole o grandi difficoltà che ci si presentano (inevitabilmente) da quando ho (ri)visto il Re Leone insieme a mia figlia spesso canticchio a me stessa: akuna matata…senza pensieri la tua vità sarà…chi vorrà vivrà in libertà!!! 🙂
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Un proverbio cinese recita: “Se c’è soluzione, perché ti preoccupi? Se non c’è soluzione, perché ti preoccupi?” Se noi riuscissimo veramente a pensare in questi termini camperemmo molto più tranquilli. 🙂
Ma tu, cara mia, sei già un bel pezzo avanti, nell’alleggerirti, credimi.
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Non sei il primo che me lo dice…prima o poi inizieró a crederci anche io che sto facendo un buon lavoro di “alleggerimento” 🙂 comunque spero di leggere prima o poi qualche post dove esprimi opinioni diverse dalle mie, sembra proprio brutto commentare sempre con un “sono d’accordo con te” 🙂
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🙂
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Ma guarda, ti si può leggere anche qui!
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Imperverso 🙂
Benvenuta!
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Impervertito! 😉
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😆
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nulla contro il verbo “avere”, ma forse anche in questo caso un ritorno all’ “essere” potrebbe aiutare a qualificare lo stato della persona: essere sereni, empatici, leggeri….
(ricordo, per inciso, che mi fecero questa distinzione anni addietro fra “fare lo scout” ed “essere scout”: ci passa un abisso).
comunque, una dose di leggerezza è molto saggia e ci aiuterebbe assai a vivere meglio… solo, in certi casi sembra veramente impossibile!
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Ho molto riflettuto sulla terminologia, e volevo anche inserire un riferimento al dualismo avere/essere, soprattutto quando parlo di concentrarsi su ciò che si ha piuttosto che su quello che non si ha. La considerazione che ho fatto è stata che in questo contesto avere ed essere sono intercambiabili. Perché “essere sereni” significa “avere serenità”, e se mi concentro su ciò che ho in termini di emozioni positive, quello che sto facendo è in realtà concentrarmi su cosa sono.
E sono d’accordissimo con te, sembra impossibile. Ma è salvifico per noi stessi, alla fine… 🙂
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Come ho già scritto a Inteso, il mio non uno spam ma, secondo me, un’onesta e democratica possibilità di replica.
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Oh mamma, forte discutere sulla leggerezza. Una sensazione che in effetti non sempre è descrivibile. Per me avere il cuore leggero vuol dire essere serena anche quando nella mia città (Roma) succede che arriva l’auto ed io corro corro ma poi lo perdo ma non mi incaxxo. Non è facile poi essere leggeri in altre situazioni, a volte il cuore batte in certi momenti ma credo sia giusto così!
Lascio un sorriso con leggerezza..
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Condividiamo la città, e capisco perfettamente cosa intendi, quando parli di autobus, di traffico, di stress quotidiano. Proprio a cose così mi riferivo, perché nella quotidianità spesso ci facciamo prendere la mano dalle contrarietà. Non sempre si riesce, ad esser leggeri, ma provarci è già tanto! Ricambio il sorriso, e grazie per essere passata! 🙂
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