E. a. p. – Mododidire
Combattere l’editoria a pagamento è fondamentale.
Si tratta infatti di un sistema che viola ogni banale legge del mercato per rispondere alla legge dell’autocompiacimento personale. Pagare per produrre ha un retrogusto contronatura, soprattutto se si può normalmente venir pagati per creare e vendere il prodotto libro.
Giustificare la pratica con “così fan tutti” non fa bene a nessuno. Perché le case editrici vere sono profondamente contrarie a questa modalità, e non per sentito dire.
Per quel che riguarda il mercato editoriale in Italia sui dati c’è qualcosa che non va. Sappiamo che solo il 46% della popolazione ha letto un libro durante il corso dell’anno, mentre la percentuale di lettori forti (10-12 libri letti all’anno) si aggira intorno al 14% nei dati dell’anno scorso.
Eppure sono stati prodotti nel corso del 2011, 63.800 titoli (fonti AIE).
Sembra, quindi, che abbiamo un surplus di prodotto e non è da escludere che molta parte venga proprio dall’editoria a pagamento.
Editoria che inquina la qualità generale dei libri, e senza timore di essere apocalittici, della cultura. La prima cosa a cui si pensa infatti sono i romanzi. Ma tutta la componente non-fiction? Lo studioso sedicente esperto di rimandi alle sacre scritture nel cinema neorealista o di farmacologia ebraica del ‘700, senza controllo da parte di una casa editrice vera, rischia di diffondere un’enorme quantità di boiate.
Spulciando sui blog di chi si è rivolto alla cosiddetta vanity press, si legge: «la qualità non ne risente, il controllo esiste eccome, sul mio manoscritto è rimasta solo qualche svista». Solo qualche svista? Come dire che in un piatto di portata di un ristorante è rimasto solo qualche capello!
Il lavoro editoriale è un difficile percorso di confezionamento del prodotto libro, dove dalla valutazione all’editing, dalla distribuzione alla pubblicità, N U L L A deve essere lasciato al caso. E “qualche svista” non è assolutamente concepibile.
Lo è, invece, nell’editoria a pagamento che ha come clienti gli scrittori esordienti e per forza di cose solo loro, quindi per la maggior parte scrittori che non sanno a cosa vanno incontro, che non conoscono il mestiere dell’editore, che si affidano all’eap, riconoscendola semplicemente come pratica del tutto legale.
L’altra obiezione pop, tra i difensori dell’eap, è il fatto che «se non hai conoscenze nel mondo editoriale non ti pubblica nessuno». E allora mi chiedo: perché ricorrere ai soldi? Non è più semplice cercarsi una buona conoscenza? In questo modo la responsabilità di una scelta e di un gusto gravano sulle spalle di un editore e non di un portafogli.
Quello che voglio dire è che in questa presunta assenza di meritocrazia, “preferisco” un sistema che si basa sulla conoscenza piuttosto che sulla disponibilità economica dell’autore (considerato che i costi per la pubblicazione vanno dai 700 euro delle agenzie letterarie ai 3000 euro degli eap).
La distanza che passa tra “scrivere” e “essere scrittori” è la stessa che passa tra “leggere” e “saper leggere”. Un abisso.
Di fronte a questo, nessun autore dovrebbe sostituirsi all’editore, che in quanto professionista e interno al mercato, sa inevitabilmente quello che fa.
A questo punto non resta che sfatare la cosiddetta “obiezione Moccia”, quella dello scrittore esordiente che trova incompetente ogni editore che lo rifiuta, pessima ogni letteratura contemporanea, di conseguenza sempre degna, la propria. La sfateremo dicendo che la prima edizione di Tre metri sopra il cielo è stata pubblicata dall’autore a proprie spese, e che San Feltrinelli l’ha recuperata un bel po’ di anni dopo per via del successo che stava riscontrando.
Quanto al selfpublishing, poi, c’è un problema di interpretazione che qui coinvolge una certa italianità, non me ne vogliano i nazionalisti.
Per Londra, infatti, sin dall’origine del nome, vanity press, appunto, l’autopubblicazione è considerata dal lettore sinonimo di cattiva qualità, di libro di serie B rifiutato da case editrici migliori e che, se non proviene da un dissidente o perseguitato politico che ha intenzione di dire la sua senza dare nell’occhio, non vale neanche una breve lettura. Da un rapido sguardo alla sezione books del Guardian si capisce come persino gli autori che ricevono proposte da editori a pagamento si sentano offesi, costernati.
La differenza con un altro regno, quello del volemose bene è palpabile in un’intervista a Roberto Cavallero, direttore Libri Trade del gruppo Mondadori, al mensile Prima Comunicazione, il quale sostiene che i grandi gruppi editoriali non possano esimersi dal selfpublishing, che oltre a garantire la democratizzazione dell’editoria, ne costituisce la nuova necessaria frontiera.
E mi viene da pensare che se la democrazia in politica ha portato a 20 anni di Berlusconi(smo), la democrazia senza controllo in letteratura ci darà biblioteche cariche cariche di…
Vi propondo una lista di editori a pagamento, stilata da writer’s dream. Fatene ciò che volete, decidete se puntare sul valore effettivo e di merito del vostro prodotto o su un regalino che volete farvi con una copertina come unico valore aggiunto, ma sappiate che se avete pubblicato un libro a pagamento, IL LETTORE LO SA. Soprattutto se ha letto questo articolo, il nostro blog e le altre centinaia di pagine che ne parlano.
Lista editori a pagamento
Lista editori doppio binario
Gran bell’articolo
Ecco lo vedi?
dovresti scrivere di più e le nostre hits salgono sopra quota mille al giorno…
poi, certo, se mostri una zizzina, così… è… di nascosto, in penombra.. senza esagerare si può fare pure il botto..
🙂
Brava MdM sei una grande
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Come te lo devo dire che quando dio distribuiva le tette io ero al congresso del partito ?
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tu in quanto sosia di Simona Ventura salire il testosterone anche se ti si intravede solo il ginocchio
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mannaggia, con dei nomi così belli, come “palomar edizioni”, ad esempio, quasi ti dispiace.
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vero!!! Il battello ebbro, accidenti a loro
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che credo sia Rimbaud [NdIM]
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Pingback: e.a.p – Bleachedgirl | I discutibili
però non si può trarre un nesso dall’eccesso di pubblicazioni al ridottissimo numero di lettori….
secondo me, noi dovremmo combattere in primo luogo questo secondo fenomeno.
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Pingback: Just do it – Editoria a Pagamento | Levov's Bacon
Premetto che sono assolutamente contrario all’editoria a pagamento, ma mi permetto di segnalare che ci sono anche molti editori non a pagamento che non si comportano onestamente, soprattutto per quanto riguarda la promozione che è assolutamente inesistente. Tanto stampano su demand, adesso è anche facile con la stampa digitale. Quando vanno in stampa chiedono all’autore se ha bisogno di copie, è chiaro che in genere una persona ne acquista qualcuna da regalare agli amici o ai parenti. Stampano solo quelle copie e stop, e già in questo modo rientrano delle spese e ci guadagnano anche qualcosina. Poi non fanno assolutamente nulla per promuovere l’opera. Sono quelli che io definisco “falsi editori free”, comportandosi in modo perfino peggiore dell’editore a pagamento che almeno lo dice chiaramente di chiedere contributi.
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