INCONTRAI UNA STELLA CADENTE (in ricordo di Cesare Garboli)

Quando sono rientrato in Italia dopo l’esperienza  americana avevo le gomme a terra. Avendo bisogno di uno straccio di lavoro per sopravvivere decisi di fare l’unica cosa che so far bene: la puttana!

Poiche nonostante tutti i miei atteggiamenti rimango uno spocchioso snob di merda pensai che andasse pure bene fare la Troia ma che avrei dovuto almeno essere una Escort. Accettai quindi l’offerta che mi aveva fatto un’importante  società di intermediazione finanziaria che era un po’ che mi faceva la corte. Il loro capo, un omone grosso il doppio di me, sosteneva che ero un potenziale fuoriclasse perché, secondo lui, piacevo alla gente e la sapevo anche raccontare. Una gioiosa macchina da guerra diceva, proprio come Occhetto del suo partito distrutto poi alle elezioni da Berlusconi. Ora, non so se furono più le sue lusinghe o il bisogno di trovare sostentamento, fatto sta che mi ritrovai a essere un consulente  finanziario, senza che nemmeno riuscissi a rendermene conto. Sapete quei coglioni che da un piccolo capitale iniziale vi fanno avere un capitale ancora più piccolo a distanza di molto tempo? Ecco quello.

Il mio pappone fu molto generoso con me. Non gli bastava che fossi potenzialmente un fuoriclasse, voleva che lo diventassi davvero e quindi mi diede un’importante istruzione pagandomi corsi di PNL  e similari dove ti insegnano a inculare la gente senza che questa manco se ne accorga. E, alla fine, per incentivarmi ancor di più, mi accreditò formidabili anticipi sui guadagni futuri. In altre parole mi regalò debiti che avrei dovuto faticare come una bestia a rimborsare, anche se allora questa cosa non mi era però ben chiara. Come tutti coloro che hanno sofferto della Sindrome di Stoccolma, decisi di sbattermi oltre misura per dimostrargli che non aveva sbagliato nel puntare su di me come prostituta d’alto bordo. Cominciai così a puntare molto in alto e a cercare di agganciare quanti più ricconi nel territorio dove vivo. Il gioco “dell’acchiapparicchi” includeva anche V.I.P., perchè, in genere, le due cose sono sinonime.

Fu così che entrai in contatto, tra gli altri, con Cesare Garboli.

Ora provare a descrivere chi esso fu, risulta essere compito quanto meno difficile data la molteplicità dei suoi interessi. Una figura carismatica che aveva ottenuto un successo incredibile in molti campi. Era di sicuro tra i numeri uno nel panorama della critica italiana dell’ultima parte del secolo scorso, ma anche regista televisivo, saggista, scrittore,  traduttore specie di testi per il teatro che amava in modo particolare,  presidente del Premio Viareggio di cui era cuore e anima, nonchè collaboratore dei più importanti giornali italiani per i quali scriveva editoriali sempre acuti e mai banali. Insomma una delle figure di spicco più importanti nell’abito della “cultura” di questo Paese.

Quando lo conobbi io era già una stella cadente.  Il meglio lo aveva già dato. E lo sapeva. Anziano, viveva da solo, nella sua immensa casa di Viareggio, quella che lui amava chiamare “Il Dirigibile” proprio accanto alla Cittadella del Carnevale. Con una faccia di tolla che oggi non sarei più in grado di tirar fuori mi limitai a chiamarlo personalmente a casa sua. Sorprendendomi non poco egli non ebbe alcun problema a concedermi un appuntamento. Quando arrivai  trovai la casa invasa di ospiti di ogni tipo e razza. Nonostante l’età avanzata continuava a essere iper attivo su molti fronti. C’erano scrittori che gli chiedevano consigli, editori che volevano parlargli di progetti futuri, politici che cercavano il suo aiuto per chissà che cose. Quando mi presentai, mi disse semplicemente di mettermi in un angolo e aspettare che lui si fosse liberato di tutti. Potevo avere accesso alla sua immensa libreria, gigantesca come poche volte ho visto, ma non avrei dovuto dargli fastidio prima che non fosse stato lui a chiamarmi. La prima sensazione che ebbi stringendogli la mano mentre mi diceva queste cose fu di avere di fronte un grande, imponente, gigantesco rompicoglioni. Quando dopo due ore di attesa si decise a darmi udienza, ero sul piede di guerra, pronto a sciorinare il meglio del mio repertorio di troia. Non ero più solo uno dotato. Avevo anche studiato per diventare una da Saloon Kitty e per un’ora abbondante misi in mostra tette e cosce. Tuttavia l’intimo femminile che usciva dalle mie parole non mi sembrò colpirlo particolarmente. Alla fine, dopo che gli avevo raccontato la rava e la fava come mai prima di allora avevo mai fatto, mi disse:

“Caro dottor Masticone, facciamo così, lei adesso mi lascia la sua data di nascita il luogo e l’ora. Poi ci rivediamo tra una settimana qua e ne riparliamo.”

Confesso che era la prima volta che mi capitava di essere trattato a quel modo. In genere le persone o restavano ammaliate al primo colpo dal mio perfido eloquio o mettevano di fronte una serie di obiezioni. Alcune razionali altre meno che però io ero formidabile a gestire, per cui, anche se non cominciava alcun rapporto immediatamente, si creava lo spazio per averne uno a distanza di tempo.

Quando ritornai al Dirigibile la settimana seguente, portai con me una marea di strumenti iper sofisticati che nella mia testolina bacata dovevano aiutarmi a conquistare un cliente così prestigioso. Quel giorno non c’era stranamente nessuno e Garboli mi fece accomodare sul divano nella sua biblioteca e mi offrì persino un caffe. Partii all’attacco con grafici e contro grafici, tirando fuori il PC per mostrargli presentazione fantascientifiche che avevo preparato apposta. Lui scocciato mi disse:

“La smetta la prego. Accetto di diventare suo cliente, ma non per queste stupidaggini che mi sta mostrando adesso, ma solo perchè le ho fatto il quadro astrale e la mappa astronomica e mi sono convinto che di lei ci si può fidare. Solo per questo. Quindi adesso la prego, la smetta di parlare queste cose e mi racconti di più di lei”

La sua risposta mi provocò una scossa elettrica pazzesca. Misi da parte ogni ammennicolo del mestiere e, come da Manuale, presi a rispondere alle sue richieste, ma, come ben specificato a pagina 77 dello stesso, “chi domanda guida”, decisi di riappropriarmi del ruolo e, veramente interessato, gli chiesi spiegazioni su quella cosa dell’Astrologia. Fu così che l’esimio Professor Garboli mi dette una lezione lunghissima sulle proprietà di cui essa gode. Era un convinto assertore che essa fosse una scienza, non provata, ma ancora scienza. Mi parlò degli antichi che muovevano guerre solo dopo aver guardato il cielo e poi una descrizione minuziosa e intrigante di ogni segno dello zodiaco. E delle case dove va la luna.

Quando raccontai al mio pappone che avevo preso Garboli come cliente quello cominciò a gongolare come un pavone. “l’avevo detto io, l’avevo detto io…” era il leit motiv, ma il cuore del discorso invece era piuttosto “E adesso schioccagli un bel po’ di assicurazioni e unit linked che tanto a quello va bene ogni cosa”

Ho sempre odiato la voce del verbo schioccare. Specie relativamente a quei tipi di prodotto che, pur essendo spesso i meno utili e indicati sono quelli a più alta marginalità per i consulenti finanziari al punto che le stesse banche tradizionali quando possono ti obbligano a comprarli in cambio di concessioni di finanziamenti o di mutui.

Per non so quale curiosa alchimia entrai  in grande empatia con il professore (aveva abbandonato la carriera accademica ma amava esser chiamato così) e negli anni a seguire, nonostante fosse più burbero dei burberi facendo le pulci a tutte le rendicontazioni che gli portavo, ebbe modo più volte di chiamarmi “amico” in senso sincero solo perchè gli riservano delle piccole attenzioni, come portarlo a passeggiare sul mare a Viareggio quando oramai da solo non ce la faceva più bene e non c’era nessuno che fosse interessato a farlo senza avere in cambio niente. In quelle camminate invernali sulla spiaggia mi raccontava storie vere ma che a me sembravano favole, come quella della figlia illegittima di Puccini o di piccole storie di bottega nel grande mondo dell’alta cultura italiana. Non ebbi tuttavia mai la forza, nè il coraggio di raccontargli delle mie velleità (pseudo) letterarie. Un po’ perchè temevo il giudizio del feroce critico ma molto di più perchè avevo terrore che invece, proprio per amicizia, si adoperasse per trovare un pertugio anche per me. Sono una puttana è vero, ma con dei valori antichi, perbacco.

Un giorno  lo trovai molto scuro in volto e curiosamente poco incline a raccontarsi come amava sempre fare. Cercai di tirarlo su di morale ma lui serio disse:

“La natura mi ha programmato per morire un paio di anni fa. La microchirurgia svizzera mi ha permesso di guadagnare del tempo. Temo che però esso stia scadendo.”

Aveva desiderio di condividere i dettagli e me ne parlò diffusamente. Angosce comprese. Un modo come un altro per cercare di disinnescare la paura del mostro che gli si parava davanti. All’improvviso mi chiese:

“Mi dice perchè non mi ha mai fatto fare alcuna assicurazione?”

“Professore, io non credo che sarebbe stata la cosa giusta per lei. Tutto qua.”

“Ma ci avrebbe guadagnato molto di più. Lo so benissimo”

“E tanti saluti. I soldi non sono tutto”

“Vabbè, grazie davvero, però adesso mi lasci la possibilità di farle questo regalo. Mi faccia fare un paio di polizze prima che sia troppo tardi.”

“Professore, io ho molti difetti. Veramente sa? Non sono pochi. Ma non sono quel tipo di uomo. La mia risposta è no, grazie”

Lui mi guardò e sorrise e chiosò:

“Io lo sapevo sa. Me lo avevano detto le stelle.”

“Ah beh, allora…”

“Però Masticò, ascolti a me, cambi mestiere perchè lei con queste idee non durerà a lungo là dentro.”

“Le hanno detto pure questo le stelle?”

Annuì con la testa.

 

 

Cesare Garboli è morto a Roma l’11 aprile 2004, lasciando due opere postume: Storie di seduzione e Il «Dom Juan» di Molière.

 

 

P.S.: E le sue stelle avevano visto giusto di nuovo. Ho smesso di fare il consulente finanziario per palese incompatibilità tra il mio essere e quella professione.