A casa (ricordi)

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Sono per due giorni a casa dei miei, dormo in una stanza in cui ci sono le mie tesi di laurea, i diplomi, la mazza da hockey su prato, la maglia della Snam Milano del 1999, i miei libri del liceo, gli acquarelli di mio padre, il mio vecchio letto, le scatolette di legno di Aleppo, l’armadio in cui tenevo i numeri di Topolino… il mondo fuori risuona di insulse cazzate e di cose importanti, lavori in sospeso che ignoro, pezzi di cuore che ho lasciato in giro e che chiamo con la voce silenziosa di chi chiama nella notte, e avrò chiuso il gas e sai dove te lo puoi mettere il referee di stocazzo e non ce la faccio a finire il Negroni mi porti una Coca.

Ma qui, lontano dalla mia vita incasinata, che odio perché mi strappa la pelle, che amo perché è la mia, che farei a pezzi ma solo per rimontarla, lontano da tutte le cose che sono diventato, dai libri che leggo, dalle robe che scrivo, dalle mie chitarre e dalle mie lingue disperse e sparpagliate, mi sembra di sedermi in un posto in cui qualcosa di lento e antico è sopravvissuto…

Qualcosa di profondamente vero.

Il letto ha cambiato lato della stanza. E non c’è più la TV su cui guardavo Twin Peaks e X-Files di nascosto, perché mamma diceva che erano violenti (aveva e ha questa capacità di giudicare cose che non ha mia visto tipica delle madri)… e non capisco come facessi a fumare fuori da una finestra così bassa, se mi affaccio ora mi devasto le ginocchia… ci sono due gorilla di peluche che conservo da quando ero all’asilo, e il mio metronomo, che ora non uso più perché quando suono vado un po’ a cazzo.

C’è la mia collezione di coltelli (eggià, pacifista sui generis), ora non più esposta sullo scaffale, ma disposta come un mazzo di lame in un vecchio elmetto della prima guerra mondiale che mio padre ha trovato in montagna… e la zanzariera storta che si chiude male, e il legno sul soffitto che nella Bassa Padana è un tentato omicidio da luglio a settembre.

E niente, questo post non ha né capo né coda, è solo il post di uno che si guarda in giro e si accorge che i ricordi sono più vicini, e concreti, di quanto pensasse, e che, per il poco che vale, è sempre carino sapere che se cadi col culo indietro, cadi su qualcosa che ancora porta il tuo nome.

E che ti può aiutare ad alzarti di nuovo.