La tristezza e la sua nemesi

Sono stato incerto fino all’ultimo se raccontare questa piccola storia.

Mille motivi mi spingevano a non farlo. Troppo personale e forse troppo banale. Non so dire.

Poi mentre oggi ero a pranzo alla mensa comunale, ho visto gli occhi tristi di tante persone intorno a me e ho pensato che, magari, allo stesso modo, qualcuno che mi legge potrebbe essere nelle stesse condizioni. E che, forse, avrebbe voglia di sentirsi raccontare una fiaba che donasse un piccolo sorriso.

Solo che questa minuscola, inutile, storiella è vera.

Successa pochi giorni fa.

Come le leggende su di me narrano, ho molte figlie. Quattro le ho però davvero riconosciute. Una di queste, ne ho già parlato, vive in America. Le altre tre, di questi tempi, vanno a una scuoletta estiva qua vicino. Che è poi solo un modo “fancy” per descrivere una di quelle attività ludiche per bambini a pagamento. Quelle dove essi si trastullano quando non c’è scuola. Ce ne sono di diversi generi e per ogni tipo di tasche. Tutte, di base, fanno le stesse cose. Cambia solo la qualità dei giochi e i premi che regalano. In altre parole sono tanti piccoli resort dove si gioca in compagnia di coetanei. Una volta si socializzava in modo diverso, lo so, ma i tempi sembra che siano cambiati come già vaticinava Bob Dylan molti anni fa.

Proprio come in quelli per adulti di cui scimmiottano quasi tutto, c’è un’accoglienza, una spiegazione del cosa succede e il tentativo di far sentire ogni bimbo parte di un grande enorme villaggio vacanza per bambini. E, puntuale come il peccato, arrivano, a fine settimana i ricchi premi e cotillons per le gare fatte durante il periodo di riferimento all’interno della scuoletta.

Ora, le mie bimbe, sono clamorosamente diverse una dall’altra. In comune hanno solo che sono tutte  iper competitive. Specie tra di loro. La prima settimana c’hanno messo quattro giorni, litigando come bestie, a capire “come girava il fumo” e, quando finalmente ci sono riuscite, non sono riuscite a entrare in nessuna delle classifiche che prevedevano l’onore del trionfo a fine settimana davanti a tutta l’audience di amici con genitori inclusi. Tranne una. Viola. La più piccola. Sorprendendo tutti, infatti, lei ha vinto una gara a cui nemmeno sapeva di aver partecipato. La maledetta medaglietta d’oro fasullissima che le hanno donato è stata così  l’oggetto di una serie di prese per il culo galattiche durate tutto un week-end nei confronti delle sorelle incapaci di averne portate a casa di simili. E, nonostante mi avesse detto chiaramente nell’orecchio che non aveva la più pallida idea di che cosa avesse fatto per meritare tale premio, di fronte alle altre due non perdeva occasione per rimarcare la sua clamorosa superiorità facendo andare in bestia le altre. La rissa finale con botte e calci e qualche sputacchio il classico dei classici.

All’inizio della seconda e ultima settimana di scuoletta, Virginia, la più grande, colpita mortalmente nell’onore, decide che vuol darci dentro come una belva perchè desidera anche lei una bella medaglia di oro fasullissimo da mostrare a tutti una volta a casa. La sfortuna ha voluto che proprio in quel periodo arrivassero una marea di altri nuovi bambini che hanno da un lato alzato il livello delle competizioni e dall’altro il numero dei partecipanti. Insomma vincere era diventata veramente un’impresa. Virginia allora super motivata ha deciso di mollare tutte le altre competizioni e scientificamente decide di super applicarsi solo al salto della fune. Fa solo quello. Tutta le settimana si fa due gambe cosi saltellando perchè ci sono tre altre bimbe piu grandi che vanno come delle lippe. Lei tuttavia è una che non molla. Torna a casa la sera e mi tiene aggiornato. Mi dice:

“Babbo sono terza, ma domani giuro che mi spacco per salire ancora più alto te lo prometto.”

Io cerco di farle arrivare lo spirito degoubertiano, insomma chi se ne frega. Che si divertisse anche a fare altre cose. Lei però non mi ascolta. Vuole a tutti i costi quella fottuta medaglietta di plastica color giallo pacchiano. L’ultimo dannatissimo giorno, stanca strafatta, fa i conti e si convince di essere balzata in testa a quella dannata classifica. Non ne era però certa e mi confida le sue paure in merito. L’accompagno alla grande cerimonia finale e, quando è il turno della premiazione della gara del salto alla fune, restiamo tutti con il fiato sospeso. Guardo mia figlia e vedo che trema come una foglia. Darei cinque anni di quanto mi rimane da vivere per poterla veder sorridere, ma tremo che abbia sbagliato i conti perchè alcune concorrenti erano di un paio di anni piu grandi e facendo i conti, quasi impossibile batterle.  La lettura del count-down è tremenda, il cuore mi finisce in gola ma alla fine viene fuori che è proprio Virginia ad aver clamorosamente vinto la gara. Vedo la bimba con due occhi grandi come due fanali di una fuoriserie che sorride al mondo in un modo che non avevo mai visto e penso che Dio esiste davvero. Urla e zampetta e grida la sua emozione.

Poi il dramma.

La scuoletta a cui le avevo iscritte è evidentemente una di quelle di merda che sono sempre in sofferenza con i soldi e proprio nel momento in cui toccava a mia figlia erano finite le medagliette d’oro falso. E cosi, in cambio dell’ambito premio,  lei, che ha vinto la gara della vita, viene premiata davanti a tutti con un lecca-lecca alla coca cola.

Un cazzo di lecca-lecca alla coca cola.

E comincia a piangere come una fontana.

Di quel pianto che avrebbe zittito anche gente come Sgarbi. Gente che ha sempre da dire qualcosa, anche quando non deve.

Un gelo tremendo avvolge la scena. Gli organizzatori mi guardano perplessi e non capiscono. Io non me li considero di pezza perche la tristezza di mia figlia è qualcosa che mi paralizza la pancia. Avevo visto come si era battuta quella settimana per quella maledetta medaglietta e non sapevo cosa avrei potuto dirle per farla star meglio.

E, all’improvviso, totalmente inaspettata, è arrivata la figlia di Oceano e Notte, la distributrice di giustizia, Nemesis.

Mentre Virginia è ancora là in mezzo a tutti a singhiozzare, arriva Viola, piano piano, di nascosto e le mette al collo la sua patacca d’oro vinta la settimana prima e Virginia la abbraccia come se le avesse regalato un collier di diamanti.

E io non so nè che dire nè che fare

E sto fermo e penso che il signor Universo ha delle vie curiose per manifestarsi.

E poi torna accanto a me Viola e mi dice seria:

“Tanto non sapevo nemmeno perchè l’avevo vinta!”